Tre favole (la pulce, la regina, le due vecchie) trasmigrano dalla corte napoletana del XVII secolo al nuovo film di Matteo Garrone, che è stato candidato alla Palma d’Oro a Cannes 2015. Il racconto dei racconti (Tale of the Tales) è un estratto della lunga raccolta dello scrittore partenopeo Giambattista Basile intitolata Lo cunto de li cunti o Pentamerone, allacciandosi al più famoso modello del Decamerone bocacciano. Nel nuovo fantasy del padre cinematografico di Gomorra a fungere da cornice narrativa sono le location mozzafiato, ricercati angoli di paradiso tra Campania, Toscana, Lazio, Sicilia, Puglia e Abruzzo. Il cast internazionale ha permesso al regista romano di cimentarsi nella sua prima opera in inglese, tra cui spicca la calda eleganza di Salma Hayek, il fascino tutto francese di Vincent Cassel, il candore di Bebe Cave e dei gemelli Lees.
Considerato uno dei migliori registi italiani di seconda generazione, Garrone ha puntato tutto sul suo primo fantasy, riunendo attorno a sé una squadra artistica e tecnica che gli avrebbe garantito il successo di pubblico al botteghino. Infatti il direttore della fotografia (Peter Suschitzky) è il braccio destro di un big americano, David Cronenberg e le musiche le ha curate il premio Oscar per The Grand Budapest Hotel, il francese Alexandre Desplat. La terza punta di diamante nostrana a Cannes ha giocato con le tre fiabe mantenendole su livelli divergenti, senza che mai i personaggi avessero un contatto (se non nell’epilogo, come ogni fiaba che si rispetti). Visionario ed elegante, questo racconto non è per bambini, proprio come la tradizione raccomandava. Scene truculente, dalla regina Salma che azzanna un cuore di drago pulsante ai tentativi di accoppiamento animaleschi del libertino re Cassel tengono attaccati allo schermo lo spettatore.
La prima trasposizione cinematografica di Basile è datata 1967, con C’era una volta di Francesco Rosi, la cui pregiata sceneggiatura è stata curata a quattro mani con Tonino Guerra. Questa seconda trasmigrazione è sicuramente molto più accattivante visivamente, con i pregiati costumi di Massimo Parrini, il trucco di Diego Prestopino e la scenografia allegorica e virtuosistica di Dimitri Capuani e Alessia Anfuso. Streghe, orchi, regine e principesse si inseguono in castelli da sogno e paesaggi mozzafiato, con un filo conduttore fatto di amore e desiderio che allaccia personaggi lontani e diversi per tutta la durata del racconto. Ma la mancanza di una storia avvincente, veicolo della cultura popolare nostrana, ha ridotto il film a una tiepida, seppur esteticamente meravigliosa, americanata.