Figlia del grande Francis Ford Coppola, autore di opere che hanno cambiato la storia di Hollywood, come La conversazione e Il Padrino, Sofia Coppola è una regista che si è sempre distinta per l’indipendenza artistica dalle major.
Il suo primo film, Il giardino delle vergini suicide (1999), è un’opera ancora acerba, su un gruppo di sorelle di buona famiglia che si suicidano senza un motivo preciso. Molti considerano questo il suo film migliore, ma la regia è davvero poche idee e il cast di certo non aiuta. Tra le attrici spicca Kirsten Dunst che, in seguito, farà strada, come la Coppola, che nel suo successivo film presentato a Venezia, Lost in translation L’amore tradotto (2001), ha a disposizione la coppia di divi Scarlett Johansson e Bill Murray che offrono una performance molto ispirata. La commedia in trasferta in Giappone della Coppola offre uno sguardo ondivago, che si perde tra le vie della metropoli.
Sofia Coppola di solito azzecca la atmosfere del film, ma non riesce mai a trovarsi tra le mani un soggetto degno di questo nome. Lost in translation è il manifesto del suo cinema vacuo, fatto di sguardi che s perdono nel nulla di una vita che non offre grandi soddisfazioni. I personaggi della Coppola sono per lo più annoiati, quando non viziati figli di un mondo che ha tutto e vive in una bambagia esistenziale che non produce nulla di veramente importante o serio.
Il suo film successivo, Maria Antonietta (2006) è quella in cui si produce il massimo rapporto tra vacuità della storia e perfezione registica. Lo stile della Coppola (accadrà solo in questa occasione) è perfetto, lungimirante, si vede unos guardo finalmente partecipe, con dei tagli di montaggio degni del miglior Ejzenstejn (non è una battuta! nella scena della festa, il montaggio della sequenza dei dolci è una festa per gli occhi), Kirsten Dunst offre una grande prova e tutto il cast, il profilmico, fotografia-scenografia-costumi colonna sonora concorrono a creare un punto di non ritorno del cinema in costume.
Maria Antonietta di Sofia Coppola è un grande film, alcuni critici continuano a snobbare il suo cinema, ma per molti è si tratta di un classico. Il film vince un Oscar per i migliori costumi di Milena Canonero.
Il passo successivo è la definitiva consacrazione per la regista americana, a dir la verità in modo abbastanza sorprendente e inatteso: Sofia Coppola porta a Venezia Somewhere (2010) irritante commedia su una star di Hollywood, padre inconsapevole di una ragazzina, che viene invitato alla cerimonia del Telegatto in Italia. In Giuria a Venezia c’è Tarantino che, a quanto pare, se ne intende di capolavori e regala il Leone D’Oro alla regista americana. Davanti all’incredulità di quasi tutti che avrebbero voluto un premio per Venere Nera di Kechiche o Post Mortem di Larrain.
Sofia Coppola torna ora a Cannes con The Bling Ring, incentrato sulla storia vera (è accaduto nel 2009) di alcuni giovani che rubarono gioielli alle star di Hollywood come Orlando Bloom e Paris Hilton. Sarà vera gloria?