Presentato al 68° Festival di Cannes , Youth – la Giovinezza, il nuovo film di Paolo Sorrentino, già vincitore del premio Oscar come miglior film straniero per La Grande Bellezza (2013) è stato accolto con venti minuti di applausi nella proiezione per il pubblico. I personaggi del regista partenopeo sono sempre descritti in “grande”, il regista non usa mai mezzi toni né caratterizzazioni tendenti al semplicismo. Questi vengono esaltati, distrutti, fagocitati dal sistema, sempre mantenendo il proprio status quo. Un po’ come faceva Welles con i suoi titani tutti d’ un pezzo. Le conseguenze dell’amore (2004) e L’ amico di famiglia (2006), erano due film dove, pur trattando storie di ordinarie persone, veniva esasperato il vissuto fino a costruirci attorno un microcosmo; per poi passare a elementi storicamente forti come ne Il Divo (2008), o nel connubio musica – redenzione in This Must be the Place (2011), o addirittura a sublimare le sorti di un intero paese decadente con La grande bellezza.
Nella nuova pellicola Sorrentino abbandona il suo feticcio Toni Servillo per avvalersi di un cast stellare, girando in inglese tra location italiane e estere. L’ ipnotica veduta notturna di Piazza San Marco a Venezia rimane una delle scene più spettacolari dell’intero film. L’ albergo delle star tra le Alpi Svizzere accoglie i protagonisti e il loro vissuto, due ottantenni giovanili, amici da una vita intera, il due volte Premio Oscar Michael Caine e Harvey Keitel, indimenticabile “iena” di Tarantino. Tra una battuta sulla prostata e le lunghe passeggiate tra le alpi, lo humor nero di Frank si intreccia all’esuberanza stemperata di Mick, con monologhi totalizzanti sull’essenza della vita diventati cliché quotidiani, ma elegantemente distribuiti tra i due personaggi. L’apatia contraddistingue il personaggio di Caine, Fred Ballinger, compositore in pensione, per il quale solo la musica conta davvero, questo è sottolineato da Sorrentino quando Fred/Caine improvvisa una sonata stropicciando la carta della caramella, o nella scena in cui le vacche al pascolo muovono le campane al tocco dell’uomo.
Il tappeto musicale del compositore David Lang e la maestria del ricorrente direttore della fotografia Luca Bigazzi regalano alla vicenda un assortimento di sensazioni che accarezza il pubblico, e contemporaneamente lo disturba. “La leggerezza è una tentazione irresistibile, ma anche una perversione”. I comprimari Rachel Weisz e Paul Dano si ritagliano ruoli fondamentali a livello narrativo, come anche lo scalatore, la reginetta di bellezza, la massaggiatrice. Ognuno è precisamente dove deve stare, generando equilibrio.
La giovinezza è uno stadio mentale oltre che fisico, lo stanco regista di Keitel tenta affannosamente di concludere la sua carriera con un ultimo film testamentario, accerchiatosi di giovani sceneggiatori in erba. La ruvida fragilità della Weisz testimonia come il binomio giovinezza-felicità sia quantomeno improbabile. Il più “felice” sembra essere proprio il cavaliere Caine, accompagnato com’è dalla sua apatia totalizzante e dai ricordi di una vita ben spesa. Sorrentino è un regista relativamente giovane, con solo sette lungometraggi all’attivo, ma si è guadagnato il diritto di entrare nel firmamento dei migliori director, apprezzati soprattutto all’ estero. “Le emozione sono sottovalutare” ripete Caine al giovane amico Dano. Eppure Youth La giovinezza è un film d’amore, sublimato nelle sue più pure ramificazioni: il rapporto padre-figlia, l’amicizia lunga mezzo secolo tra compositore e regista, la passione per l’arte personificata dalla moglie soprano del primo e dall’attrice feticcio del secondo (la Jane Fonda versione vamp trash). E l’ immancabile citazione metafilmica sulla sorte di cinema e tv. L’ arte salverà il mondo? No, ma le emozioni che suscita probabilmente si.