Un film che pone più domande che risposte, è questo l’ultimo magnifico film dei Coen, A serious man che non concede mai all’occhio il piacere della catarsi. In Non è un paese per vecchi veniva messa in scena la precarietà dell’esistenza, in A Serious Man viene vissuta la precarietà dell’esistenza, mettendo in luce le falle del sistema società.
A Serious Man vorrebbe collocarsi dalle parti di Fargo, ma la sua purezza cristallina da apologo sull’alienazione è troppo straniante per mostrare un briciolo di compassione per i personaggi messi in scena. I Coen vanno oltre rispetto a questi due film e dirigono un Grande Lebowski senza azione, senza fuochi d’artificio, escludendo la prospettiva su cui si basava The man who wasn’t there, ma in maniera molto più desueta e articolata. L’Uomo che non c’era era un film tirato a lucido con un b/n che lavava via i peccati dei personaggi. A serious man è molto più duro e indigeribile, nel suo evolversi verso il ritratto senza compassione di una famiglia disfunzionale degli anni ’50 mostra il lato sereno, solare dell’incubo quotidiano. La scena iniziale è sintomo di una presa di posizione netta contro ogni tentativo di didascalismo. I Coen non sono mai stato tanto ermetici e implacabili nel rappresentare la natura umana.