In un futuro imprecisato Don Cobb è un criminale che ha il potere di entrare nella mente umana per istallarvi idee. Un potente uomo d'affari, Saito, gli commissiona un lavoro.
Diretto da: Christopher Nolan
Genere: fantascienza
Durata: 148'
Con: Leonardo DiCaprio, Marion Cotillard
Paese: USA
Anno: 2010
Nell’era digitale, la vecchia CG (500 effetti, pochissimi) di Christopher Nolan crea l’amalgama perfetta di stili e forme, attraverso un senso della narrazione inaudito e un cast imperiale. Questo cinema si può fare solo nella “Fabbrica dei sogni” di Hollywood, un sistema di produzione qui presentato al suo meglio, come non lo si vedeva nemmeno ai tempi di Matrix: un cinema, o meglio, una cinematica da cardio-palma che rispetta l’intelligenza dello spettatore.
Inception, con protagonista Leonardo DiCaprio (nella sua migliore performance in assoluto) ha un’anima doppia, tripla, quadrupla, non smette mai di immaginare mondi e confiscarli alla mente, riduce a amplia a piacimento il campo di visione, stabilisce nuove regole di narrazione (da questo si capisce perché non è stato capito da molti critici, soprattutto italiani, ancorati ad un vecchio modo di vedere a concepire il cinema).
Inception è cinema alchemico, chimica pura applicata alle immagini. MarionCotillard (che interpreta un ricordo, nel mondo perfetto di Christopher Nolan non esistono quasi nemmeno più i personaggi, perché anche i ricordi prendono corpo). Inception è sci-fi rivoluzionaria.
Ma perché bisogna ogni volta aspettare così tanto tempo per vederli film così tosti, aulici, programmatici, tattici, densi di storia e di Storia, adrenalinici fino all’ultimo? Christopher Nolan dimostra di saper usare i soldi delle major, anche con prodotti personali. Bisogna convertirsi ad un cinema così ricco e potente.
“Exterminate all rational things” era il monito di Burroughs e Christopher Nolan lo applica alla lettera. Inception è la regola del gioco mascherata da illusione infinitesima, massa contundente che s’impianta nella percezione del frattale, vero e proprio cubo di Rubik, infinito di un infinito dentro un altro immenso disconnesso infinito.
Dentro Inception le scatole cinesi si frappongono alla realtà con un imprinting che fa pensare all’impostazione da “cinema neurale” che si vedeva in eXistenZ di Cronenberg. Nolan attualizza la stessa radicalità. E’ una questione importante, anche perché il capolavoro seminale di Cronenberg non aveva (ovviamente?) fatto un soldo, la struttura altrettanto complessa di Nolan sbanca al box office con oltre 800 milioni in tutto il mondo. Non è secondario.
Inception ha poco di cose come Matrix, molto poco, il film di Nolan si camuffa da cinema videoludico, da spara-tutto, in realtà è un’illusione, un “gioco di prestigio”, lo stesso che aveva proposto con il precedente, fondamentale The Prestige.
Nolan fa cinema dentro il cinema, costruisce mondi sovrapposti senza darlo a vedere, fa meta-cinema senza darlo a vedere (come ha fatto già due volte Lynch, con esiti alquanto noiosi). Inception fa quello che a molti, di solito, da fastidio: tratta in modo spettacolare mondi filosofici.
Perché molti pensano che certi temi considerati difficili, se vengono trattati con “l’arma” della spettacolarità e dell’effetto speciale allora si finisce col prende solo l’effetto speciale tralasciando il resto. Molti critici hanno dei problemi con gli effetti speciali e in particolare con Hollywood, con Inception, con Alice in Wonderland, con Avatar. E rimangono indietro col progresso.