Possession di Andrzej Zulawski è la performance aulica di Isabelle Adjani, magnifica attrice oggi completamente dimenticata. Il tempo passa per tutti, ma i film restano. E “Possession” si impone come residuo di follia ermeneutica e basilare, come lavoro straniato e urlato-aurorale sugli attori, Sam Neill e la Adjani, splendida mantide dal corpo latteo e dalle fauci insanguinate.
La scena nella stazione è un capolavoro di intensità magnetofora che allibisce e deraglia l’immagine verso il lido del non visibile, verso la conglomerazione dello sguardo inteso come affronto promeneutico d’illusione massimo. Cinema fecondo e contorto quello di Zulawski, cronenberghiano fuori ma non dentro, il regista polacco vuole dire troppo, e nel finale aumenta il pathos fino all’inverosimile, fino all’esplosione delle automobili nella scena dell’inseguimento.
“Possession” come film-organo pulsante è un fascio di nervi, la Adjani fornisce un rapporto tra scena e spettatore tale da far saltare ogni regola precostituita. La sua performance la eleva allo zenith di Nicole Kidman (Da Morire, Ritratto di Signora, Eyes Wide Shut, The Others, Moulin Rouge!, Dogville, Birth Io sono Sean,), Catherine Deneuve (Bella di giorno, Tristana, L’ultimo metrò, La mia droga si chiama Julie), Silvia Pinal (Viridiana). Isabelle Adjani ritrova il cuore pulsante del nervo della recitazione, come una Kidman di 30 anni fa.