Claire e Eleanor, sono due vampire, madre e figlia. Hanno attraversato due secoli di Storia. La vita di Eleanor è segnata dalla solitudine, ma quando si innamora di Frank decide di cambiare il corso della propria esistenza.
Diretto da: Neil Jordan
Genere: horror
Durata: 118
Con: Gemma Arterton, Saoirse Ronan
Paese: UK, USA
Anno: 2012
Dal romanzo di Anne Rice, Intervista col Vampiro, alla play di Moira Buffini, Byzantium, è così che Neil Jordan ritrova la sua anima horror, forse con molte meno ambizioni rispetto al classico del 1994. E’ così che si potrebbe definire l’operazione di Byzantium (2012), ultima memorabilia puramente di genere di Neil Jordan, grande film-maker romanziere assurto a regista di culto grazie ad opere quali Mona Lisa, In compagnia dei lupi, Il garzone del macellaio e Fine di una storia.
Neil Jordan era reduce da un decennio di cinema non memorabile. Esercizi di stile dimenticabili quali Triplo gioco (con un manierato Nick Nolte) e Breakfast on Pluto (con Cillian Murphy agghindato come una checca stralunata, fuori tempo massimo), oppure fallimenti reazionari come Il buio nell’anima con Jodie Foster vendicatrice notturna (film voluto fortemente dalla Star Foster che impose alla produzione il nome di Jordan, con stanca partecipazione di quest’ultimo) ed infine Ondine, fiaba semiseria su una (quasi) sirena, semi dimenticato dal mercato, che lo ha trattato come un prodotto straight-to-video (lo si diceva una volta per i film di grandi registi che, non essendo più appetibili per il mercato cinematografico in sala, venivano fatti uscire direttamente in home video), ammesso che esistano ancora.
Dopo aver girato così tanti film anonimi per più di dieci anni forse in pochi si renderanno conto dell’importanza di questo nuovo horror-mèlo vampiresco, in cui Neil Jordan ha la forza di riprende là dove aveva lasciato, là dove l’irto cammino del cinema-romanzo lo aveva portato alle vette più surreali degli horror e dei noir oltre i generi di riferimento, con un opera, Byzantium, che si affaccia spietatamente alla costruzione di un mosaico visivo, nutrito dei fantasmi del passato rivisti in chiave modernista, utilizzando cioè il mix dei generi, ma molto meglio di un qualsiasi Tarantino o Luhrmann.
In Byzantium c’è tutto, horror, mélo, action, commedia rosa, cinema sul tempo, sui luoghi e sulle anime perdute.
La storia della due vampire Gemma Arterton e Saoirse Ronan riconsegna i tempi del cinema migliore, quello antitelevisivo, quello che crea un mondo dove eros e tanathos fungono da dicotomia di uno sguardo sempre partecipe e acceso, quello che avanza imperterrito contro la scure della nostalgia per farsi dramma acuto.
Neil Jordan non sa cosa sia la nostalgia, usa il passato in funzione del futuro, usa la fotografia di Sean Bobbitt come fosse quella di In compagnia dei lupi, ricreando la concezione primigenia dell’assalto dell’horror, la furia del contagio di un romance forse decaduto e fuori moda perché, nessun altro ha avuto il tempo e il desiderio di ridargli una forma degna di questo nome.
Neil Jordan riconferma quello che sembrava aver perduto, un cinema d’inganni e di prose affilate, un horror di vampiri che sa ancora limare il buio, trovando la percezione contorta di un velo affranto.
Il romance di sangue di Byzantium si colora della vernice rossa del velo d’aurora, nel volto di Gemma Arterton, prostituta ai tempi di un soldato diavolo tentatore-redentore che, rappresenta forse il tempo sfuggito dalle maglie della morale, proprio perché infido e corrotto.
Nel nuovo capitolo del cinema di Neil Jordan la morte ringhia ancora sopraffina e l’horror purissimo viene strappato dallo spazio anchilosante della serialità odierna, da apparire ormai come un cristallo chiaro-scuro, essendo Jordan un cineasta che sa ancora parlare al cuore e alla mente dello spettatore.: fare il romanzo della vita senza essere letterari, lasciando che siano le immagini a parlare.
Un horror di nessuno, figlio del tempo che se n’è andato e ha lasciato solo un’ombra di morte sulla fine di un’Era che può solo essere ricordata. Neil Jordan primeggia ancora nell’arte del racconto, sorprendendo con la forza di un cast sempre all’altezza del compito.
Manca il suo attore feticcio Stephen Rea, ma Sam Riley lo sostituisce con grande verve.