Perché un film funziona sul mercato? Quali sono le regole non scritte, che fanno andare avanti il congegno della grande macchina spettacolare hollywoodiana? Come può un ragazzino sex symbol diventare una prestigiosa Star capace di passare dal blockbuster all’opera d’autore intimista? La carriera di Brad Pitt risponde a queste domande.
Pitt iniziò negli anni ’90, facendosi notare per la prima volta in Johnny Suede (1991) di Tom DiCillo, film vincitore del Pardo d’Oro al Festival di Locarno e il ben più famoso Thelma & Louise, dello stesso anno, con la regia di Ridley Scott. Da lì in poi la carriera di Pitt acquista un’accelerazione immediata: In mezzo scorre il fiume di Robert Redford, Kalifornia e Una vita al massimo sono solo un assaggio al grande successo che arriverà. Brad Pitt nasce sostanzialmente come star di Hollywood con Intervista col Vampiro (1994) di Neil Jordan, a fianco di Tom Cruise e una giovanissima Kirsten Dunst. Pitt nelle vesti di vampiro viene osannato e aspramente criticato, tanto da vincere anche un Razzie Award come peggior coppia proprio insieme a Cruise.
Il film di Neil Jordan segna quella che sarà la caratteristica prominente della filmografia di Pitt: l’assoluta mancanza di paura nello sperimentare e l’interesse nel lavorare con grandi registi dotati di uno stile ben preciso. Difatti, il belloccio di Hollywood nel 1995 è protagonista di due film cardine del decennio, due opere complesse e ricche di sfumature: Seven e L’esercito delle 12 scimmie, diretti rispettivamente da David Fincher e Terry Gilliam. Pitt sceglie nello stesso anno, con un colpo di fortuna che assomiglia sempre più a lungimiranza fuori dal comune, un giovane regista che nei decenni successivi diventerà uno dei migliori sulla piazza e uno straordinario, folle visionario come Gilliam che con Pitt girerà uno dei suoi pochi film veramente riusciti a tutto tondo. Non sono dettagli, scegliere un grande regista con un efficace progetto a Hollywood, è come gettarsi in un pagliaio per cercare il proverbiale ago. Andatelo a dire a Nicole Kidman, che da più di dieci anni spera ancora di incontrare il grande progetto che rilanci la sua carriera andata a picco, non trovandolo sistematicamente mai (magari lo troverà nel nuovo film di Herzog).
Una volta archiviati i due colossali successi la stella nascente di Pitt rischia di arenarsi in progetti non all’altezza: Sleepers, L’ombra del diavolo, Sette anni in Tibet, Vi presento Joe Black sono film da dimenticare con una scrollata di spalle. Ma il film successivo è già pronto a riportare l’attore in carreggiata. E che film: il Fight Club (1999) del sodale David FIncher è una di quelle opere che non si dimenticano facilmente. Pitt interpreta il ruolo del pazzo anarchico Tyler Durden, doppelganger dello schizoide Edward Norton. Il film è potentissimo, non equilibrato, basato su uno script facile, dove le ambizioni vengono smentite da una infelice retorica di fondo. La cine-anarchia di Fincher-Pitt-Norton ha le gambe corte, anche se rimane lo straordinario sforzo estetico. Peccato solo per l’assunto finale, ma forse con un romanzo così complesso alle spalle Fincher si è solo divertito ad applicare il suo stile conturbante da ex regista di videoclip.
In seguito la carriera di Pitt diventa altalenante e discontinua. Nel periodo che va dal 2000 al 2006, l’attore passa attraverso una serie di operazioni commerciali che tendono a smentire quanto di buon aveva fatto vedere nel decennio precedente. Specialmente in film come The Mexican, Troy e Mr & Mrs Smith, mentre nella serie Ocean’s Eleven di Steven Soderbergh e in The Snatch Lo Strappo, Pitt emerge soprattutto come brillante performer in commedie stralunate e leggere, mentre grazie a Babel (2006) di Alejandro Gonzalez Inarritu, ottiene una nomination al Golden Globe come miglior attore non protagonista. Sarà solo nel 2007 che la stella dell’attore americano ritornerà a brillare come negli anni ’90: L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford, è un insuccesso abbastanza clamoroso al botteghino ma segna la nascita di una nuova stella nell’empireo di Hollywood, l’australiano Andrew Dominik, a cui Pitt decide di dare fiducia, dopo aver visto il precedente film, Chopper (2000). The assassination è un film dalla gestazione estremamente travagliata, annunciato per anni e poi finalmente pronto dopo solo dopo un imponente lavoro al montaggio, dove a quanto pare Dominik sia dovuto partire da un girato di 5-6, poi ridotte alle 2 ore e 40 del cut finale.
Questo imponente, elegiaco western con cui Pitt vince la sua prima Coppa Volpi alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2007, è un’opera dove convergono la lentezza di Ford, l’asciuttezza dei dialoghi di Hawks, la lunghe pause contemplative che ricordano persino il cinema decostruzionista dei fratelli Coen, le pennellate di violenza improvvisa di Aldrich, il finale che ricostruisce gli ultimi ingloriosi anni di vita del bandito Jesse James, che porta a teatro la messa in scena dell’omicidio di Jesse James. Tutto il western di Dominik è una riflessione sul tempo del west, sull’ineluttabilità della morte, sul genere che viene raccontato con uno stile sommesso e suadente, su un Brad Pitt che si cuce abilmente la stella di grande attore fuori dai canoni di Hollywood. Niente male per l’ex ragazzo prodigio, incappato qualche anno prima in scivoloni come Mr & Mrs Smith.
Dal film con Dominik la carriera di Pitt diventa un inarrestabile treno verso la perfetta riconoscibilità attoriale. Pitt non sbaglia più un colpo: Burn After Reading A prova si spia con i Coen, Il curioso caso di Benjamin Button con l’amico FIncher, il capolavoro Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino, il fondamentale The Tree of Life di Terrence Malick, la straordinaria commedia sportiva al cardiopalma Moneyball L’arte di vincere, diretta da un altro giovane promettente come Bennett Miller, fino al pessimo Killink Them Softly (Cogan, 2012), sempre con Dominik, dove l’attore riesce per miracolo a non sfigurare, grazie ad una performance tutta calibrata e sobria e ad un taglio di capelli invidiabile.
Le ultime performance sono il cammeo nel film vincitore dell’Oscar come miglior film, 12 anni schiavo di Steve McQueen la stupefacente prova offerta in The Counselor Il Procuratore di Ridley Scott, dove avrebbe meritato l’Oscar. I prossimi progetti di Brad Pitt sono il film di guerra Fury di David Ayer e il film da regista di e con Angelina Jolie By the Sea. Riuscirà mai L’Academy Award a premiare Brad Pitt? Finora l’attore americano ha dato prova di meritarsi ampiamente la statuetta, la sua filmografia parla chiaro. Pitt non solo è riuscito ad andare oltre la sua immagine da sex symbol, ma ha dimostrato di conoscere bene le regole della macchina hollywoodiana e quanto è stato necessario, è stato capace di ribaltarle a suo favore, con tenacia, destrezza, fervore tecnico cristallino.