Fosse stato in concorso a Venezia si sarebbe preso il Leone d’Oro?
Troppo sperimentale, forse. Nicolas Winding Refn sa il fatto suo, Valhalla Rising è un film che va oltre le barriere e i limiti, esperienza psico-visiva di magma denso, sprofondamento dentro l’inferno delle lande sperdute in cui i guerrieri cristiani si ammazzano tra di loro. One eye è una iena, nel vero senso della parola. Segugio dallo sguardo fisso e allarmante, la perfomance di Mads Mikkelsen è di quelle che rimangono; sguardo fisso e non una sillaba, veloce e spietato, e soprattutto, senza alcun ritegno morale.
La violenza in Valhalla Rising diventa quasi musica muta: sassofono, cimbali, trombe, flauti sembrano alternarsi àlteri e sconnessi. Quella di Valhalla Rising è cacofonia visivo-percettiva massima ed alienante. E’ davvero un film alieno questo, girato con una solennità e una calma meditativa che fanno pensare ad una preghiera o ad un mantra, rivolti ad un Dio sordo e assente. L’esperienza che se ne ricava è quella della guerra vista dal di dentro.
Potrebbe essere utile confrontare il fascismo di 300 con la purezza arcaica di Valhalla Rising, l’estetica del ralenty contro il principio dissonante del silenzio. Lande perdute in cerca di una risposta.