Un piccolo film italiano, semplice, underground, fatto dei materiali di cui è fatta la strada, la gente comune e costruito su soggettive impregnate di realtà. Questo è La Pivellina, di Tizza Covi e Rainer Frimmel, un’opera di cinema immediato, urgente, grezzo, in cui l’idea di controllo è sostituita da una necessità argomentativa di inchiodare alla mdp la realtà, in cui tutto il destino del cinema è deciso nell’istante della ripresa, tutto avviene nella noncuranza più completa dello stile, mortificando anche l’immagine, ma senza fare necessariamente cinema dogma, avvalendosi un cast perfetto, raccontando una storia forte e forse addirittura originale per non dire abbastanza inedita.
La Pivellina è un film che soffre sempre di un eccesso di realtà, si commisura sempre ad un grado di sopportabilità della mdp e del punto di vista registico, a ciò che viene inquadrato, rimanendo sempre ad altezza di uomo, non imponendo la visione ma acclarandola sempre con un surplus di onestà umanità, che conferisce a questo cinema una parvenza quasi aurorale, uno sguardo quasi vergine.
La Pivellina è un film fatto di nulla, di esperienza vissuta, come fosse sostenuto da una quieta, imprecisa volontà di sparire dentro la storia, con una bambina che sembra un’attrice consumata e con un lavoro sul suono in presa diretta che svolge un intenso lavoro documentaristico.
Lo stile di Tizza Crovi non è laborioso, esigente, catartico, bensì concreto e fiammeggiante, racchiuso nella rappresentazione di un microcosmo sociale emarginato che vive degli scarti della società dei consumi, che viene disegnato dalla regista senza alcun patetismo.
La presenza del digitale c’è in questo film, ma non si sente affatto.
La Pivellina è uno dei grandi nuovi film sulla famiglia, su un senso di famiglia limitrofo; sul senso di comunità, sul senso di solidarietà tra poveri.
La Pivellina è uno di quei film che potrebbe risolversi in 15-20 e invece cresce a dismisura, tenta la carta (ovvia a dir la verità) della recitazione assoluta dell’infante (è noto a tutto che i migliori attori al mondo sono i bambini e gli animali, perché sono spontanei, non recitano, non sembrano mai finti) e ne risolve il clichè alla grande, con una messa in scena il più possibile aderente alla realtà.
Forse il tempo farà bene a questo film italiano e non è un caso che sia stata una donna girarlo, (con l’aiuto di Rainer Frimmel, ma la storia e l’dea di cinema sono tutti suoi), ci voleva una sensibilità femminile per andare così addentro alle cose, per chiarificare un argomento così difficile come il sequestro di persona tramutato in solidarietà tra i più deboli. Ci voleva coraggio e Tizza Covi lo possiede.