Marguerite

A Parigi nel 1921, Marguerite Dumont organizza grandi feste nella sua dimora. Tra i numerosi invitati spiccano amanti della musica, che ascoltano esterrefatti Marguerite esibirsi in performance canore senza avere alcun talento. Quando un giornalista scrive un articolo lusinghiero sulle sue capacità, Marguerite decide di fare il grande passo.
    Diretto da: Xavier Giannoli
    Genere: drammatico
    Durata: 127
    Con: Catherine Frot, André Marcon
    Paese: FRA, REP. CECA
    Anno: 2015
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Nel 1940 una cantante d’opera americana fece scandalo mettendo sul mercato un agghiacciante disco in cui dava prova delle sue “doti” canore: sopravvivere all’ascolto integrale è cosa per pochi. Florence Foster Jenkins, ricca dama dell’alta società americana, convinta di possedere un innato talento canoro, investì tutta la sua fortuna per garantirsi una carriera musicale: dischi, incisioni, concerti, costumi e tutto il resto. Sorge spontaneo chiedersi quanto sia vasto il potere dei soldi in un ambiente in cui, mancando il talento, non c’è molto da comprare. Eppure la Jenkins dimostrò che con un buon patrimonio e tanto, tanto coraggio si può comprare proprio tutto, compreso il successo. La cantante non fece altro che urlare e strillare come un cappone sgozzato per tutta la sua vita, ma così facendo divenne una vera e propria stella della musica lirica. Tutt’oggi non c’è appassionato che non abbia mai avuto la sfortuna di capitare su una delle sue più raccapriccianti esecuzioni de ‘La Regina della Notte’. Leggenda vuole che la cantante morì di crepacuore, in un ospedale, dopo aver sentito una registrazione della sua voce.

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Questa curiosa vicenda, come spesso succede, dopo essere stata una settantina d’anni a macerare nel dimenticatoio, ha attirato i produttori cinematografici tutti d’un colpo: Marguerite di Xavier Giannoli ne è il primo adattamento, e sarà seguito l’anno prossimo da una versione più storicamente fedele con protagonista Meryl Streep. I francesi, si sa, vogliono parlar della Francia. Così Florence Foster Jenkins diventa Marguerite Dumont, gli anni ’40 lasciano spazio ai folli ’20, e Parigi fa da sfondo alla vicenda. La storia è più o meno la stessa, condita con una serie di personaggi laterali di cui non si capisce davvero l’utilità, ma che certamente contribuiscono ad allungare un brodo che era già troppo annacquato in partenza. Ma andiamo con ordine. La stella della vicenda è la bravissima Catherine Frot, “magnificamente stonata” e, fortunatamente, grandiosa attrice. Il ruolo è continuamente ipotecato dalla minaccia del ridicolo. Da questo punto di vista il regista si muove con disinvoltura ed evita con successo le facili risate che avrebbero potuto guastare l’unità del film. L’attrice mostra contemporaneamente la passione travolgente, la forza d’animo, il coraggio e, più avanti, i dubbi, la delusione, la paura: tutto è miscelato in uno sguardo. E’ perfetta.

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Purtroppo per noi, questo intrigante personaggio annaspa fra un numero di comprimari davvero esorbitante, che deambulano sullo schermo in cerca di qualcosa da fare, lasciando cadere qualche battuta ad effetto qua e là in attesa della prossima urlata di Marguerite. Il film prende una piega inaspettata quando introduce il personaggio del marito, bugiardo compulsivo che, mosso da pietà e sensi di colpa, non riesce ad ammettere la dura verità e incentiva passivamente la moglie a proseguire la sua passione-ossessione verso il successo. E qui, ahinoi, Giannoli decide di inserire una metafora che si vorrebbe raffinata sulla lealtà matrimoniale, sulle bugie a fin di bene e sui loro effetti catastrofici. Le cose si complicano, i personaggi che vorrebbero essere stratificarti come un millefoglie sono in realtà macchiette piuttosto ridicole, e la storia si va ad impantanare nella rete di trame e sottotrame, agonizzante come la sua protagonista. Lo stile è raffinato, curato al dettaglio, cristallino, ma non basta per farci sopportare 127 minuti di cui solo la metà effettivamente utili. Consigliato ai melomani.

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Da quando ha visto L’ombra del dubbio non ha più smesso di fantasticare su Hitchcock e Joseph Cotten. Tra una foto e l’altra, studia storia del cinema a Torino. Ha paura del buio, quindi vuole sempre un proiettore acceso.