Macbeth

Scozia, XI secolo. Il generale Macbeth è un guerriero fiero e coraggioso, con una sete di potere che non ha confini. La bella e giovane moglie lo incoraggia a sfidare il re Duncan e a detronizzarlo.
    Diretto da: Justin Kurzel
    Genere: drammatico
    Durata: 113
    Con: Michael Fassbender, Marion Cotillard
    Paese: UK, FRA
    Anno: 2015
7.5

In passato il mondo ha avuto occasione di assistere agli adattamenti della celebre tragedia shakespeariana di autori del calibro (e di tale divergente approccio stilistico) di Orson Welles (1948), Akira Kurosawa (1957), Roman Polanski (1971), Béla Tarr (1982). A inizio 2016, il pubblico italiano (quasi ultimo fra le nazioni coinvolte) ha l’onore di ponderare la versione dell’australiano Justin Kurzel, ad oggi al lavoro su Assassin’s Creed: Il film.

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Il suo Macbeth è un monolite dall’aspetto granitico, dai toni e tinte possenti, rigorosissimo in ogni singola inquadratura, fosco saggio di bravura per ognuna delle personalità artistiche coinvolte. La tormentosa figura del protagonista è affidata ad un maiuscolo Michael Fassbender, dal volto e l’animo scavati dall’odio per ogni minaccia che la sua insanabile brama di potere fomenta dal giorno in cui le sorelle fatali gli profetizzano un destino di gloria apparentemente inarrestabile. Forte del sostegno della malefica Lady, un’ipnotica Marion Cotillard, prosegue inesorabilmente verso la sua rovina, fra spettri e ombre di morte, circondato da gorghi di sangue che non sembrano avere fine, trascendendo persino l’orrorifica crudeltà della donna.

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Kurzel pone il suo cast prezioso in un ambiente di soffocante tensione, formalmente impeccabile, adatto ad offrirsi a ricorrenti ralenti, perfetto per assicurare alla fotografia un vasto campo di risorse espressive, specchio di quell’atmosfera massacrante e densa di detriti focosi in cui si consumano i delitti più efferati; ai personaggi mette in bocca dialoghi e monologhi cui bisogna fare il callo, altisonanti e di ampio respiro come l’accompagnamento musicale del fratello minore Jed, che predilige larghi lamenti degli archi con cui spianare ulteriormente le vaste distese da dove gli spiriti di morte vengono per tormentare la psiche di colui che sarebbe stato re per compiere il triste fato, unico vincitore assoluto ed imprescindibile padrone della vita umana.

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La severità con cui viene messa in scena la vicenda consacra il secondo lungometraggio interamente diretto dal regista all’alveo delle trasposizioni dal teatro degne di memoria, e quest’elogio mette ancora più in risalto la preoccupante miopia da parte della critica americana, che non ha in minima parte considerato il significativissimo apporto perlomeno delle performance attoriche e della cura schermica, e le cui opinioni peraltro non accennano a mutare vento in tempo per qualche competizione post-Cannes. È proprio vero che l’immeritata esiguità di certi incassi snatura il valore di opere così distinte, valore che invece almeno gli inglesi British Independent Film Awards hanno saputo cogliere nelle loro candidature, paghi di queste quasi due ore di straziante follia e autoriale orchestrazione.

Qui potete trovare la video recensione di Raffaele Lazzaroni su Macbeth di Justin Kurzel

A proposito dell'autore

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Classe 1995, in anni recenti si è incontrovertibilmente innamorato del cinema, interessandosi a qualunque genere di qualsiasi epoca, ma senza mai perdere la bussola della qualità artistica. Frequenta il DAMS a Padova e cura un suo canale YouTube di critica cinematografica, "Il taccuino del giovane cinefilo".