In una spiaggia per nudisti Franck incontra Henri, venutosi a rilassare dopo la separazione dalla moglie. Poco dopo si incontra con Michael, un uomo affascinante e pericoloso. Franck se ne innamora, nonostante tutto.
Diretto da: Alain Guiraudie
Genere: drammatico
Durata: 100'
Con: Pierre Delandonchamps, Christophe Paou
Paese: FRA
Anno: 2013
Lo sconosciuto del lago di Alain Guiraudie è un film estremo. Non tanto nel senso che si dà correntemente al termine, ma proprio nel suo senso etimologico. Estremo, quindi, col significato di posto ad un’estremità. Un punto di non ritorno, forse; probabilmente un film-capolinea.
Perché se anche non è la prima volta che in un film uscito in sala (e non quindi in un – ormai peraltro inesistente – circuito alternativo “a luci rosse”) si mostra del sesso completamente esplicito, è con una radicalità inedita che il controcampo, compreso quello spettatoriale, viene negato.
Pensiamoci: un film come quello di Guiraudie non soddisfa il pubblico “guardone”, il quale difficilmente potrà essere soddisfatto di una sessualità messa in piazza con tanta sfacciata solarità. Per sentirsi appagato il morboso ha bisogno di una malizia che qui non ritrova.
Basta vedere quei corpi nudi e disponibili sotto il sole del lago, talmente privi di secondi fini che non siano l’amplesso, da (dis)turbare chiunque. Pare di assistere alla negazione di ogni dissimulazione del corpo e del sesso.
Corpi e sessi che quasi rinunciano a qualsiasi finzione o “gioco” per porsi in una dimensione di pura strumentalità. Sono banali meccanismi del piacere, nient’altro. Men che meno si può davvero appassionare a questo film un pubblico genericamente “intellettuale”, ammesso che esista ancora. E in un certo qual modo, è per le stesse ragioni dello spettatore guardone.
Entrambi questi pubblici condividono il desiderio (la voglia) di scorgere qualcos’altro dietro l’immagine: per il loro sguardo voyeuristico, quello che importa è masturbarsi, che sia grazie ad un barlume di sottotesto che li faccia sentire più intelligenti o che sia per effetto dello svelamento di quello che prima era negato alla vista, i genitali e le forme del rapporto sessuale in primis.
Ma qui, in questo caso, in questo film, cosa c’è davvero da sviscerare? Cosa c’è di intellettualmente brillante? E per converso, come si fa a godere appieno di ciò che è mostrato se non c’è realmente un “prima” (“prima” di essere mostrato, visto che tutti sono nudi frontalmente fin dalla prima sequenza)?
In questa direzione interpretativa, Lo sconosciuto del lago è di fatto un film perfetto. Perfetto perché non ha bisogno di niente. Non di un pubblico. Non di un giudizio. Nemmeno di una vera storia.
Il thriller hitchcockiano imbastito da Guiraudie sembra rispondere alla necessità di arrivare ad una durata da lungometraggio. Ma non è che cambi molto, siamo sulla stessa falsariga.
Anche il thriller pare senza nerbo. Nessuna ansia, nessuna elaborazione degli indizi, nessun depistamento o rivelazione imprevista. Al massimo una suspense generica e blandamente ironica e un finale che svaria dal concitato all’enigmatico. E allora viene da farsi qualche domanda.
Un film che si sottrae al pubblico e al giudizio è un film “giusto”. Giusto perché è al di là del bello e del brutto, del plot e del pathos, forse persino del bene e del male.
Ma se Lo Sconosciuto del Lago è giusto e anche perfetto, allora più che con la vita, ha a che fare con il regno delle idee, nel senso platonico.
Sotto un certo rispetto, questo può essere esaltante, e un po lo è. Ma viene voglia di trovare l’errore, l’umanità dolente, e la gentile sofferenza di chi sta ai margini degli incontri sessuali, salvo perire nel modo più cruento non appena prova ad intromettersi nella vicenda (mi riferisco ad Henri, il personaggio più eccentrico del film), induce una persistente sensazione di empatia.