Kolia vive in un villaggio vicino al Mare di Barents, nel nord della Russia. Per vivere ripara le auto in un’officina che si trova proprio sotto casa sua. È sposato con Lilya, e con loro vive anche il figlio, Roman, che ha avuto da un precedente matrimonio. Ama sua moglie, ama suo figlio, adora la sua casa, ma rischia di perdere tutto quello che ha costruito in una vita a causa dell’avidità del sindaco che vuole portargli via il suo terreno, ricomprandolo ad un prezzo molto più basso del suo valore effettivo. Kolia non ci sta, così inizia una guerra legale che però è destinato a perdere, perché quando i tre poteri dello Stato si uniscono, non c’è modo per un uomo qualunque di batterli.
Se volete vedere un film che scorre, dinamico e che vi dia 140 minuti di svago, Leviathan non fa per voi. Ma se fate un patto con voi stessi, e volete vedere del cinema con la C maiuscola, Andrey Zvyagintsev fa al caso vostro. Il Leviathan del titolo rimanda alla parabola nel libro di Giobbe: un riferimento biblico per sottolineare come Dio sia invincibile, e come lo sia anche quello dei giorni nostri, il dio denaro al quale tutti sottostanno, compresi politica, legge e chiesa. Un gioco di corruzione che coinvolge i poteri di uno stato (in questo caso quello russo) che il regista ricostruisce in ogni suo paradosso. L’ispirazione per procedere con questo plot, venne al regista una volta venuto a conoscenza della storia del saldatore americano Marvin John Heemeyer. L’uomo fu tormentato dai proprietari del terreno su cui sorgeva la sua officina affinché la vendesse, fin quando, dopo aver visto recintare la proprietà e dopo aver fallito burocraticamente e giudiziariamente, si procurò un bulldozer distruggendo diversi edifici tra cui il municipio. Ma l’impressione è che ci sia anche un altro rimando, precisamente a La fattoria degli animali di George Orwell.
Kolia ha ogni ragione di lottare per trovare giustizia, di fare causa a quanto gli è successo e continua a succedergli, e la legge, almeno quella scritta, è dalla sua parte. Ma nessun tribunale lo appoggia, la polizia lo arresta senza motivo, il sindaco non perde occasione per sminuirlo. Proprio lui, il capo politico della città, anche se minore a livello statale, sembra essere la figura corrispondente al maiale a capo della fattoria, descritto da Orwell nel suo romanzo: perché, tra un’abbuffata e un’ubriacatura, la legge per lui è più uguale che per gli altri. Leviathan ha il respiro ampio e profondissimo dei classici. Affronta una quantità di questioni con la compostezza delle visioni illuminanti. Con un intreccio compatto e mai eccessivo il regista Zvyagintsev riesce a dare una lettura complessiva di una società, ma non solo. Il film scandaglia quattro diversi scenari: il mondo corrotto della politica russa, la società che subisce questo potere, le dinamiche familiari da due prospettive, quella generale e quella specifica della famiglia di Kolya, ed infine una visione esistenziale assoluta e definitiva.
Si perché il mostro (Leviathan) non una sola testa, no, perché a volte le creature mitologiche si accoppiano e formano figli ibridi. E il leviatano ha corteggiato l’Idra, la più terribile di tutte le creature, un mostro marino gigantesco e a più teste. La prima è quella religiosa, con in testa il buffo copricapo dei Patriarca, quella religione dogmatica che ogni volta farà crollare ogni tuo dubbio umano dietro a verità imprescindibili scritte nei testi. La seconda è quella giudiziaria, di quei giudici che leggono sbrigativi sentenze che paiono giù scritte. Un fiume di parole ipnotico, vuoto per quanto pieno, solo una veloce e ridondante forma di una sostanza che già si conosce. La terza è quella della polizia, un branco di burattini mossi dalle altre teste, ma anche loro sono forti, e possono distruggere, magari anche costruendo un teatrino di menzogne, per fare in modo di dire che quella donna, che era l’ultimo legame con il resto dell’umanità, è stata uccisa per mano di un innocente. E c’è poi la quarta testa, quella politica, di un sindaco che pare grugnire invece di parlare, sbafarsi al posto del mangiare, un essere con pochi connotati umani e con così tanti scheletri nell’armadio che è dovuto traslocare da più e più case.
Non c’è giustizia, la corruzione vince, e questo fa riflettere, ma soprattutto fa arrabbiare. In più rattrista che il fallimento di Kolia, inoltre, si manifesti anche nella vita privata, perché il suo miglior amico e avvocato ha una relazione con sua moglie, Lilya. La donna non riuscendo più a continuare quell’esistenza e non avendo il coraggio di ferire ulteriormente l’uomo, decide per una via dalla quale non si può tornare indietro. E allora, la vita di quell’uomo che tanto si è battuto ma che nulla ha ottenuto, diventa un relitto, e si spiaggia indifeso proprio come lo scheletro della balena blu che campeggia gigante nella baia. Dopo la candidatura al premio Oscar per il miglior film straniero, la vittoria ai Golden Globe come miglior film straniero ed il trionfo al Festival di Cannes per la miglior sceneggiatura, Leviathan è arrivato nelle sale italiane il 7 maggio 2015, distribuito da Academy Two. Un film amaro quanto prezioso, da non perdere assolutamente.