La ruvida e dolente ballata southern di David Gordon Green tanto corretta, priva di sbavature nella forma, quanto derivativa, quasi archetipica nella sostanza, popolata da perdenti dal cuore tenero, padri ubriaconi brutti, sporchi e cattivi, e figli cresciuti troppo in fretta che cercano in tutti i modi di scrollarsi di dosso la polvere e il fango di un’esistenza ai margini, senza sbocchi, è l’ennesima dimostrazione di come il cinema americano, certo cinema perlomeno, faccia fatica a sganciarsi da certi stilemi, da quell’immaginario che oramai risulta, perlomeno a noi, privo di interesse perché già visto troppe volte, già abbondantemente sviscerato.
Joe ha al suo centro l’ennesima esistenza viziata, lercia e autodistruttiva di un padre che ricade inevitabilmente sui figli, i quali cercano in tutti modi di schivare i macigni che cadono loro addosso continuamente, che cercano in tutti i modi di scrollarsi di dosso il sudicio polveroso delle baracche a cui pare debbano adattarsi. Il film di Green mette in scena un mondo dove l’unica ancora di salvezza pare essere il lavoro, anch’esso duro e polveroso dei campi attraverso cui il giovane protagonista (Tye Sheridan) acquista un’identità e quella dignità di cui la sua disastrata famiglia tenta in tutti i modi di privarlo; un lavoro che gli viene dato da un uomo, il Joe del titolo (Nicholas Cage), classico anti-eroe, loser dal cuore tenero, che prevedibilmente prenderà a cuore il ragazzo, e assumerà il ruolo di padre…
Joe è l’ennesima riproposizione di certo cinema visto anche di recente, come Shotgun Stories e Mud, entrambi di Jeff Nichols, che fatica a trovare la sua ragion d’essere, che sembra ribadire le stesse cose senza alcun piglio che lo renda diverso o complemento di qualcosa, con al centro personaggi talmente archetipici, che diventano quasi delle macchiette di tutti quelli che li hanno preceduti a dare vita ad una storia di violenza, l’ennesima, che già in partenza sembra avere il fiato corto, che già dall’attacco o poco più si capisce dove voglia a andare a parare.