Siamo ormai abituati a un Woody Allen a corrente alternata, che sostituisce l’accuratezza del suo cinema con il mestiere e la professionalità nel migliore dei casi, o il pilota automatico nel peggiore. Irrational Man fa parte, purtroppo, di quest’ultima categoria, nonostante il nome degli attori, e nonostante i primi brillanti, gradevoli trenta minuti dove ci vengono presentati le linee e i caratteri dei protagonisti, in modo particolare un Joaquin Phoenix nei panni di un professore di filosofia alcolizzato e nichilista e un’incantevole Emma Stone in quelli di una studentessa folgorata dal suo fascino e dal suo carisma.
Tutto bene fino a quando, in pratica, non deve muoversi qualcosa a livello di narrazione: e a quel punto, Woody sembra ripescare alcune intuizioni di Basta che funzioni (l’uomo adulto pessimista e la giovane un po’ ingenua) e adattarle al suo ormai canonico intreccio da commedia nera, già visto con variazioni comunque considerevoli negli ottimi Crimini e misfatti, Match Point, Sogni e delitti. Stavolta, il tono non è deciso, risultando insicuro tra qualche esilarante freddura e una cupezza di base mai davvero convincente. E tra citazioni bergmaniane e aforismi di Nietzsche e Kierkegaard, il risultato è quello di un bigino svogliato dell’Allen pensiero in versione depressa.
Il caso e il destino, la teoria e la pratica, il delitto e il castigo: tutto risulta assolutamente già detto, addirittura trito e ritrito, a maggior ragione se gestito da una sceneggiatura che sembra soltanto abbozzata. Allen e la sua troupe si sono limitati a timbrare il cartellino e a terminare le riprese il prima possibile per permettere a Woody di occuparsi di un nuovo progetto, si spera, più ricco e originale (nel cast, Jesse Eisenberg e Kristen Stewart). A questo punto, ci accontenteremmo semplicemente di un’altra commedia onesta, un po’ cartolinesca ma piacevole come lo era Magic in the Moonlight; sarebbe troppo aspirare alla profondità e alla malinconica leggerezza di un altro Midnight in Paris.