Ragazze cattive

In un piccolo Stato di New York un gruppo di ragazze, capitanate da una giovane donna di nome Legs, si riuniscono in un movimento femminista votato alla lotta contro i soprusi maschili, chiamato "Foxfire". Scontratosi con la realtà, il movimento degenererà presto in un semplice desiderio di vendetta.
    Diretto da: Laurent Cantet
    Genere: drammatico
    Durata: 143'
    Con: Raven Adamson, Katie Coseni
    Paese: FRA
    Anno: 2012
5.3

Foxfire è l’ultimo film di Laurent Cantet, il regista-prodigio di A Tempo Pieno e soprattutto La Classe (Entre les Murs), Palma d’Oro a Cannes 2008 e perla rara della cinematografia contemporanea. Il nome dell’autore basta per decretare che si tratta di una cocente delusione.

Adattando per lo schermo un romanzo dell’americanissima, per temi e spirito, Joyce Carol Oates, Cantet sembra avere smarrito la felicità di sguardo dei lavori passati. Cosa possa avere attratto il regista nella vicenda di ribelle emancipazione e progressiva disillusione di un gruppo di adolescenti americane degli anni Cinquanta portatrici di un femminismo ante litteram dal sapore insieme ingenuo e criminale, è abbastanza chiaro.
Non a caso Cantet si concentra sulle dinamiche di gruppo delle Foxfire, le “bad girls” che, partite come sorellanza segreta e come vendicatrici di torti subiti principalmente dall’aborrito genere maschile, finiscono per assumere i contorni minacciosi e nevrotici di una banda criminale che smarrisce nel breve volgere di una stagione la sua autentica ispirazione ideale, per culminare nel sequestro malriuscito e infine drammatico di un riccone dal cui riscatto si attende la salvezza economica per il consorzio.
La possibilità di sondare ancora una volta il difficile, frastagliato e contrastato mondo della giovinezza, ricca di sogni impetuosi, slanci romantici e retromarce improvvise, si risolve in un quadro abbastanza oleografico, privo di mordente e non di rado dilatato e ripetitivo, malgrado i visi convincenti e freschi delle giovani attrici esordienti coinvolte, a partire da quello di Raven Adamson, volitiva e pugnace leader della giovane compagine, unica – come si lascia supporre nell’epilogo – a non lasciare evaporare gli spiriti dell’adolescenza per cercare un accomodamento più o meno conformistico.
Le insidie degli adattamenti letterari si confermano ancora una volta molteplici e fatali anche per i registi di talento, specialmente al di fuori della loro cultura di riferimento: e per un Bertrand Tavernier che riuscì splendidamente in Colpo di Spugna (Pop. 1280) da Jim Thompson, quasi non si contano i grandi autori caduti nella trappola (qualcuno si ricorda, per dire, dell’orribile trasposizione filmica dai Demoni di Dostoevskij operata qualche lustro fa da Andrej Wajda?).
Un chiaro fallimento, quello di Cantet e del suo abituale collaboratore Robin Campillo (il cui ultimo lavoro da regista, Eastern Boys, è stato uno dei più insipidi tra i film della sezione Orizzonti nella recente Mostra veneziana, per inciso), che ha forse origine in una scrittura poco incisiva della maggior parte dei personaggi e nell’aderenza a modalità di rappresentazione dell’America del tempo in forma convenzionale. Non c’è comunque da stracciarsi le vesti.
La mancanza d’ispirazione è palese, ma il materiale di partenza (la Oates è un’autrice poco frequentata dal cinema anche per questo) era sinceramente difficile da maneggiare.
Un film impersonale ci può stare, dunque, e il prossimo progetto di Cantet, un film a Cuba tratto da un romanzo di Leonardo Paduro Fuentes lascia ben sperare per un pronto riscatto.

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Ha una foto di famiglia: Lang è suo padre e Fassbinder sua madre. John Woo suo fratello maggiore. E poi c'è lo zio Billy Wilder. E Michael Mann che sovrintende, come divinità del focolare. E gli horror al posto dei giocattoli. Come sarebbe bello avere una famiglia così...