Alla fine degli anni Cinquanta due fratelli siciliani emigrano a Torino. Giovanni, il più grande, è analfabeta e si barcamena per trovare lavoro e provvedere al giovane Pietro che studia per diventare un insegnante.
Diretto da: Gianni Amelio
Genere: drammatico
Durata: 124'
Con: Francesco Giuffrida, Enrico Lo Verso
Paese: ITA
Anno: 1998
Fumi leggeri attraversano la scena lasciando intravedere una figura di spalle mentre aspetta che un treno arrivi in stazione. Un uomo scende e cerca con gli occhi qualcuno da riconoscere tra la folla.
Così il film inizia e le premesse di una storia intima sono poste lì già nei primi istanti di Così ridevano di Gianni Amelio, Leone d’Oro alla 55° Mostra del Cinema di Venezia.
In una città piena di attese ed indifferenza i muri dei palazzi ed i lunghi e silenziosi portici fanno da spoglia scenografia ad una realtà disgraziata in cui poveri analfabeti del sud approdano al nord dove la speranza di un lavoro ed un letto fanno dimenticare gli stenti e le fatiche.
Un uomo dalla Sicilia raggiunge a Torino il giovane fratello con la speranza di trovare un lavoro e provvedere ad entrambi così che il giovane Pietro possa studiare e diventare un maestro di scuola. Prodigandosi per il giovane fratello, Giovanni cerca di barcamenarsi per comprare i libri e accudendolo come un figlio che non sembra però incarnare il modello di studente diligente che si crede.
Eppure tanto è radicata la convinzione dell’esempio di perfezione ed intelligenza che il giovane Pietro, per non far dispiacere il fratello, lascia che Giovanni continui a crederlo tale.
Nel frattempo perdendosi di vista per un litigio, Pietro supera gli esami e quando cerca Giovanni per raccontargli la bella notizia lo trova inserito e stimato tanto da sembrare un pezzo grosso al quale accorrono poveri immigrati, come lui stesso all’inizio, per trovare una sistemazione. “Sai come fanno quattro elefanti ad entrare in una seicento?” così all’inizio chiede il promettente studente ad un bambino che non riesce a rispondere. Quasi fosse un monito, la stessa frase chiude il film.
Ora qualcun’altro pone a lui la stessa domanda alla quale lui stesso, assente e spaurito, non risponde, appoggiato al finestrino del treno che lo porta lontano dal fratello.
E’ un film costruito su continue dicotomie quello di Amelio, in cui civiltà ed ignoranza, nord e sud, benessere e povertà si susseguono rimanendo tuttavia realtà a se stanti, quelle di due terre irrimediabilmente lontane nel momento di passaggio tra l’era pre e industrializzata di un’ Italia ai primi anni sessanta alle soglie del boom economico.
Rimarcando tematiche neorealiste, tanto care al regista, il film si snoda in sei momenti distinti che si susseguono nell’arco di sei anni della vita di due fratelli raccontando l’impossibilità di affrancarsi dalla condizione con la quale si nasce.
Attraverso una narrazione ellittica e scevro da qualunque didascalismo, seppur sia presente lo stereotipo di un Sud bandito e di un confronto mancato fra le due realtà, il film mette in scena la storia intima e tragica di due vite, l’una il rovescio dell’altra, in cui lo sbaglio di uno diventa fatalmente errore dell’altro per cui, nonostante tutto, non ci si può esimere dal proteggere scendendo a ineluttabili compromessi.