La corsa di Jericho

Ray Murphy è finito in carcere dopo l'omicidio del padre. Ma ha una dote: possiede un fisico da atleta ed è un ottimo velocista. Lo psicologo del carcere lo nota e lo propone per la gara dei 1500 metri all Olimpiadi. Murphy accetta e inizia gli allenamenti, ma si dovrà scontrare con le reticenze della squadra olimpica americana.
    Diretto da: Michael Mann
    Genere: drammatico
    Durata: 97
    Con: Peter Strauss, Richard Lawson
    Paese: USA
    Anno: 1979
7.8

Girato nel 1979 per la rete televisiva Abc e in seguito distribuito anche nelle sale, il poco conosciuto The Jericho Mile (in italiano La Corsa di Jericho, ma è noto anche col titolo Jericho Mile – Evasione) fu l’esordio nel lungometraggio di Michael Mann, fino ad allora noto solo per la collaborazione ad alcune sceneggiature, tra cui quella di Vigilato Speciale di Ulu Grosbard.

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L’occasione offerta dal Torino Film Festival di rivedere il film nell’ambito della retrospettiva biennale dedicata alla New Hollywood, permette di saggiare la buona fattura dell’opera, a dispetto della difficile reperibilità del film (a quanto sappiamo esistono solo due edizioni dvd, una spagnola e una olandese). Il protagonista Larry “Rain” Murphy è un personaggio manniano a tutto tondo: con un forte senso del dovere (il “suo” dovere, non quello imposto dal mondo o dall’autorità), un’etica ferrea, una riluttanza a “spiegarsi” appieno che lo apparenta a molti degli eroi dei film successivi dell’autore di Heat e Miami Vice. Gli stereotipi del film di ambiente carcerario (il 1979 è anche l’anno di Fuga da Alcatraz di Don Siegel) e del dramma a sfondo sportivo sono insieme omaggiati e vinti dal particolare tipo di epica che Mann pone a fondamento del suo cinema. Le riprese effettuate all’interno del carcere di Folsom, in California, aggiungono inoltre un elevato grado di verismo ad una vicenda che altrimenti rischierebbe di apparire fin troppo esemplare.

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Quando poi Murphy, a colloquio con il direttore del carcere, ribadisce la propria appartenenza al contesto in cui si trova recluso a vita per parricidio, motivando la sua decisione di rinunciare a tutto ciò di cui non ha bisogno (televisione, lavoro, sogni di libertà) all’infuori della corsa (“I’m here, and nowhere else, I’m here… I belong here”), riconosciamo immediatamente la caratteristica figura centrale nel cinema di Mann. Un uomo che cerca una coerenza tutta interiore, ma senza illusioni, consapevole della “resistenza” del mondo ai sogni e persino alle più semplici e naturali aspirazioni, eppure posseduto da un piccolo grande ideale. Pur nei limiti di un tv movie, Mann sa rendere consistenti i personaggi anche se ci sono alcuni momenti abbastanza retorici, come quando i detenuti cedono parte del loro pranzo a Murphy, perché possa mangiare nel migliore dei modi e vincere la gara che lo attende. Una sfida con se stesso, innanzitutto, un po’ come sarà per il Frank di Strade Violente (1981), che rappresenterà il “vero” e strabiliante esordio del regista di Chicago e che avrà come protagonista un uomo egualmente alla ricerca di una seconda opportunità di vita

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Ha una foto di famiglia: Lang è suo padre e Fassbinder sua madre. John Woo suo fratello maggiore. E poi c'è lo zio Billy Wilder. E Michael Mann che sovrintende, come divinità del focolare. E gli horror al posto dei giocattoli. Come sarebbe bello avere una famiglia così...