Ray Peterson decide di non ascoltare la moglie che vuole trascorrere le vacanze al mare, e passa l'estate a casa. Ma nel suo quartiere avvengono strani episodi: i nuovi misteriosi vicini destano curiosità e raccapriccio. Ray sarà spinto a far luce sul loro comportamento.
Diretto da: Joe Dante
Genere: commedia
Durata: 101'
Con: Tom Hanks, Carrie Fisher
Paese: USA
Anno: 1989
Chissà perché ai tempi è stato tanto sbertucciato, L’erba del vicino (in originale The ‘Burbs, contrazione della parola “suburbs”, sobborghi). Il film fu infatti un cocente insuccesso al botteghino americano e venne parecchio denigrato anche dalla critica. Non parliamo poi dell’Italia: non uscì nemmeno in sala.
Eppure L’erba del vicino, sotto la patina di congegno horror-comedy, ha le sembianze di un piccolo catalogo di quello che furono gli anni Ottanta. Anni cinefili, leggeri, ilari, pronti al rimescolamento dei generi, anche se non con quella sicumera, quella baldanza teorica che i Novanta resero istituzionale e, a gioco lungo, insopportabile. Ma, appena al di sotto della superficie giocosa, anni di feroce contrapposizione e di lotte latenti: per emergere, per marcare il territorio, per apparire, per affermare il proprio punto di vista e il proprio senso dello stare al mondo. Prima di tutto il senso dello stare al mondo.
L’affermazione “politica” della propria visione è al centro del film. Che è profondamente impregnato di pessimismo sulla possibilità di una convivenza civile tra gli esseri umani, peggio che mai nella forma del cosiddetto “buon vicinato”. Cos’altro è, infatti, L’erba del vicino, se non una disamina del fallimento della coabitazione, una sconsolata e insieme pungente constatazione che secoli e secoli di civilizzazione non hanno prodotto l’armonia e la concordia sperate, ma esasperate competizioni fratricide?
Il film inizia e si conclude con un carrello, avanti e indietro, a cogliere un punto preciso dello spazio, un sobborgo americano che potrebbe ben essere ovunque.. Servito da attori in stato di grazia e all’epoca non di primissima fascia (Tom Hanks era ancora ben lontano dal diventare il volto popolarissimo di Forrest Gump e Philadelphia e Bruce Dern pareva destinato al tramonto), L’erba del vicino è probabilmente troppo duro con la stupidità degli uomini per essere digerito in un boccone, come una qualsiasi commedia di buoni sentimenti.
Nel cuore del film c’è tutta l’impossibilità di accettare l’altro, il vicino, il prossimo. E forse è proprio questo a farne una scheggia impazzita, un oggetto strano, almeno per il 1989 in cui comparve. La dico tutta: che importa se esteriormente il film appare come una delle opere minori di Dante, quelle in cui la sua cinefilia un po’ nostalgica sbuca e trabocca da tutte le parti e non ci permette di affrontare L’erba del vicino nella dialettica che gli è propria?
Quando per esempio Hanks e i suoi sodali si avvicinano titubanti per la prima volta all’uscio dei vicini sospetti, il commento musicale si fa western e preannuncia un duello, una sfida all’Ok Corral o qualcosa di molto simile. La sovrapposizione può essere godibile al livello più basilare, però è anche pleonastica.
Ma se dobbiamo fare le pulci ad un cinema di sottolineature e di strizzate d’occhio, allora possiamo esercitarci ampiamente con tutto quello che è venuto dopo, fratelli Coen in testa. L’erba del vicino, invece, mi sembra che abbia più a che fare col nocciolo della questione, con quella guerra sanguinosa tra insetti viscidi che si nascondeva tra le prime scene del lynchiano Velluto Blu.