A 50 anni di distanza Treni strettamente sorvegliati (Ostre sledovane vlaky) ricompare in una forma smagliante e mai vista. La Cecoslovacchia occupata dai nazisti viene immortalata nel piccolo microcosmo di una stazione ferroviaria dove avvengono strani incontri sessuali. Jiri Menzel, qui al primo film imprime al suo esordio una dirittura morale lieve e spregiudicata, mostrando i primi turbamenti del giovane capostazione Miols Hrma (uno stralunato Vaclav Neckar) davanti alle prime esperienze sessuali. Nel frattempo la battaglia va avanti e l’Europa si insanguina sempre di più. Lo spettatore non vedrà mai immagini dal fronte (eccetto nello straordinario incipit in flashback), Menzel si concentra solo sulle vicissitudini di piccoli protagonisti immersi in un contesto molto più grande di loro.
Per essere un film sul nazismo, prodotto 21 anni dopo la fine del Secondo Conflitto il film di Menzel sembra una commedia, estremamente leggera, che riesce anche a prendersi sontuose libertà (almeno per l’epoca), come nei due episodi che fungono da cuore semantico dell’opera: le stravaganti effusioni tra il capostazione Hubicka e la telegrafista Zdenka e il problema di eiaculazione precoce che affligge il giovane Hrma. Menzel lascia queste due gemme narrative dipanarsi in una tela storica che si prefigge di mettere in prospettiva il disastro morale del nazismo. Fino a che punto la missione è riuscita? L’interfaccia tra la commedia sentimentale e l’atrocità della guerra è data dal regista come un problema di sorveglianza mimetica. Senza mostrare ogni dettaglio dell’azione, Menzel si concentra su piccoli particolari che vengono inquadrati o di lato o da lontano, lasciando sempre una certa distanza dall’accaduto.
Il sentimento della perdita in Ostre sledovane vlaky rimane del tutto intatto e carico di significati di ampia risonanza tragica e storica. Hrma si sacrifica per qualcosa che non può ancora neppure capire, vista la sua giovane età, il processo fatto ai sottili giochi erotici tra Hubicka e Zdenka si celebra in un lugubre silenzio ammonitore. Ma l’espressione compiaciuta della ragazza e la gelida indifferenza di Hubicka lasciano presagire un senso di grottesco molto più plateale e mirabolante. Si potrebbe poi aprire un capitolo a parte sulla raffigurazione del nazista, Zednicek, reso mirabilmente da Vlastimil Brodsky. La misurata pazienza, l’occhio manipolatore e intransigente, il volto vitreo da amministratore implacabile del Male Assoluto. Questo è un nazista vero e Menzel riesce a restituire i suoi caratteri con un pragmatismo figurativo degno di un grande cineasta, mai abbastanza celebrato con tutti i crismi del caso.