Come si fa a non rimanere abbagliati, basiti, travolti dall’esperienza della visione di Khrustalyov, mashinu! (1998) del regista russo Aleksey German, (passato in Concorso a Cannes in un vespaio inaudito di polemiche)?
La questione verte sul come si debba girare un film. O meglio, sul come bisogna concepirlo, portarlo avanti in un clima di grande incertezza produttiva. Il risultato è un film che ricorda da vicino la scrittura automatica, portata avanti da un assurdo balletto di cose luoghi personaggi sull’orlo della tracotanza espressiva.
Il film di German per chi non è abituato allo stile volutamente esagerato, esasperato, sovraccarico, risulterà ostico. Ma, va detto da subito che nonostante German tratti argomenti pesanti e scottanti (stalinismo, antisemitismo), il tono è sorprendentemente leggero, surreale.
Pochissimi registi sono in grado di mettere in scena una tale quantità di elementi folli senza fare un film sconclusionato. Un altro è Gilliam, che comunque finisce spesso nella maniera. German ha diretto pochi film nella sua carriera e questo Khrustalyov, mashinu! resta un esempio più unico che raro di grande spettacolo assurdo e impresentabile, accesissimo eppure così demente e accecato dalla luce della verità.
German falsifica il suo cinema pretendendo di documentare una realtà fosca con gli strumenti della finzione. Chi scrive ha visto il film in edizione Blu Ray, con un b/n spumeggiante, cromatico, con una scala di grigi corposa e densa, a 22 anni di distanza. E’ la giusta distanza per avere la parvenza dei grandi film che non si dimenticano.