Rinascere a nuova vita, in un’era, quella odierna, in cui tutto è possibile, perché le nuove tecnologie conferiscono nuovi poteri sempre più sofisticati e, la conseguente soddisfazione dello spettatore è sempre più forte, tale, a volte, da raggiungere l’estasi. Ciò che è rinato a nuova vita è solo uno dei tantissimi (la lista sfugge ad un serrato controllo ogni anno) film degli anni ’30 oggi disponibili in alta qualità, grazie a edizioni Blu Ray fiammanti, nuove di zecca.
L’ultimo arrivato è Murder in Greenwich Village (il titolo italiano riportato su Imdb.com è “Arrestatela!”) del 1937, diretto dallo sconosciuto Albert S. Rogell e interpretato da Fay Wray, quest’ultimo è l’unico nome famoso del film, in quanto la Wray fu la star protagonista nel 1933 del celeberrimo King Kong di Cooper e Shoedsack, film venerato dal regista de Il Signore degli Anelli, Peter Jackson.
Nonostante nel titolo del film ci sia il termine “murder”, ovvero “omicidio” e quindi dovrebbe esserci un intrigo poliziesco, tutta la sintassi filmica va avanti attraverso una sinfonia leggera, quasi scanzonata, ritmata da battute spadaccine, quasi spicce, creando un ritmo fitto dove i tratti psicologici dei personaggi sono del tutto eliminati, a favore di una pura esecuzione pianistica a più voci.
Nel film la Wray interpreta il ruolo di Kay Cabot, una giovane rampolla di una famiglia straricca. Kay Cabot viene per puro caso collegata ad un caso di omicidio. La Cabot durante la notte in cui avviene l’omicidio si imbatte, durante una peregrinazione notturna, in uno sconosciuto fotografo di talento, il quale coglie subito l’occasione d’immortalarla in una foto, vista la sua notevole avvenenza. Da questo scontro nasce il loro rapporto, che si contraddistingue subito per un alto tasso di schermaglie e turbolenze improvvise. Nella prima meta del film l’indagine poliziesca va avanti senza che venga trovato il colpevole, tra equivoci e false piste.
Tra una spassosa scena dove i protagonisti, braccati dalla polizia, devono nascondersi mimando dei manichini, e una romantica serata nella quale la coppia mette sul fuoco spiedini di salsicce sulla spiaggia sotto un manto di stelle, si arriva alla risoluzione del tanto sospirato enigma e il colpevole viene catturato. Il destino dei due amanti si coronerà con un canonico lieto fine. Questo per ribadire come il cinema degli anni ’30 era costruito apposta per tenere lo spettatore in una semplice meraviglia dall’inizio alla fine, usando una durata a volte molto breve (in questo caso, Murder in Greenwich Village dura appena 68 minuti) e una caratura estetica capace di abbagliare ancora oggi, a distanza di 87 anni.