Deadpool, il film diretto da Tim Miller, è un logorroico e scalmanato saggio di stile sopra le righe, virtuosismo, autoconsapevolezza, ritmo, deliberata sfrontatezza e provocazione. Una sorta di madornale effetto rebound (il ritorno di uno stile forte nel contesto del cinecomix), indomabile manifesto anarchico che non ne può davvero più delle regole che disintegra sotto i nostri occhi.
Ogni tratto caratteristico è marcato senza criterio. Le parolacce e le volgarità volano in modo per lo più gratuito, la violenza e il trash sono esibiti e insistiti e diventano la storia stessa, anche se il tutto è diretto con intraprendenza.
Il montaggio non cronologico, la voce off, le spalle Colosso e Testata Megasonica, le canzoni inserite in contrasto quasi scorsesiano con la violenza delle scene, sono tutte ottime risorse ben gestite, che scacciano la polvere del comic-movie in senso classico e portano lo spettacolo in un territorio tutto suo.
Squinternato e tenace, Deadpool è il primo esempio di cinecomic intransigente e anticonformista che conquista con la sua ironia e il carattere fortemente deciso, mai rinunciatario e maledettamente impulsivo. Il linguaggio scurrile e tagliente sposa la filosofia del “politically scorrect” e di una libertà di espressione sempre più repressa e soffocata ma non per questo condivisa dalla comunità. Portavoce degli spettatori, Ryan Reynolds incarna lo spirito del suo iconico alter-ego, di un pioniere moderno che ha la facoltà di pensare e comunicare senza dover necessariamente giustificare le sue parole e il modus operandi, poiché prende a calci i modelli etici e disciplinari imposti dal sistema.
Un grido di gioia che racchiude un senso di rivincita collettiva per tutta quella frangia di aficionados dei giornaletti animati che attendavano con ansia l’arrivo al cinema del loro beniamino, di un’icona (e macchietta) irriverente e trasgressiva che dimostra con orgoglio la sua natura, restando fedele al lavoro dei suoi creatori. Niente filtri o interventi di edulcorazione, niente artifici e operazioni di uniformazione. Con perseveranza, voglia e determinazione Miller è riuscito a costruire un lungometraggio esaltante che si discosta con fierezza dai superhero movie convenzionali e rigorosi targati Disney/Marvel per esprimere in chiave parodistica un chiaro messaggio di rivalsa nei confronti di un omologazione sempre più diffusa.
Togliendo quella linea immaginaria che si frappone tra realtà e finzione, azione e rappresentazione, attori e spettatori, Fox e Tim Miller hanno spalancato la strada ad un nuovo modo di interpretare i personaggi dei fumetti, rispettandone le caratteristiche peculiari e trasformandone i difetti in credibili virtù sulle quali puntare. Un risultato pienamente consolidato con Deadpool che, con scaltrezza e astuzia, mescola action, splatter e commedia, per realizzare un divertissement pirotecnico ed esplosivo di violenza e romanticismo dal forte impatto estetico e dalla visione totalmente anti remissiva.
L’eroe che volevamo non è più un sogno, l’antitesi del Cavaliere Solitario è piombato dal vecchio West al tessuto metropolitano (in taxi e non a cavallo), esibendo i suoi straordinari poteri e tutta la sua sconfinata irresponsabilità. L’odierna giustizia ha il volto del disordine, di un acrobata cinico e letale che sconfigge i nemici a colpi di pistola e… pungente umorismo. Ora possiamo dirlo: benvenuto tra noi Deadpool.