- Belfast (2021) di Kenneth Branagh
Branagh ripercorre la sua infanzia nella Belfast degli anni ’50. L’impostazione è classica, la regia precisa, priva di imbellettamenti. Il regista inglese non aveva mai fatto un film così. Totalmente lontano dall’estetica barocca di Mary Shelley’s Frankenstein (1994).
- Spencer (2021) di Pablo Larrain. Il regista cileno lavora su un copione non suo, come aveva già fatto con la biografia di Jacqueline Kennedy. Il film è talmente perfetto che avrebbe meritato il Leone d’Oro a Venezia 2021. Kirsten Stewart assomiglia ad una grande attrice. Ora Larrain è stato nuovamente promosso ai piani alti di Hollywood e dovrà vedersela con il mito di Maria Callas e con un’attrice impossibile: Angelina Jolie.
- Doctor Strange Nel multiverso della follia (2022) di Sam Raimi. Il ritorno alla regia di Raimi 9 anni dopo Il Grande e Potente Oz è una fantasmagoria visiva che riesce ad entrare nei meccanismi della paludata nuova Hollywood disintegrata dal politically correct e dai movimenti woke, riuscendo miracolosamente a creare cinema dal nulla. Cumberbatch tiene testa al cast femminile di Xochitl Gomez, Elizabeth Olsen e Rachel McAdams.
- Elvis (2022) di Baz Luhrmann. Un altro film biografico. Anche Baz Luhrmann spiega alla neo dittatura delle biografie, visto che il cinema non può più permettersi di creare storie nuove, come se si dovesse convincere il pubblico a credere veramente in questa o in quella idea. Ma visto che tutta Hollywood è schierata con l’Establishment e l’incubo del novembre 2016 non si dimentica facilmente, il pubblico “minorenne” deve essere “educato”. L’Elvis di Luhrmann fa egregiamente il suo lavoro. Da leggere il commento di De Bernardinis su Segncinema n. 237.
- Fairytale – Una fiaba (2022) di Aleksandr Sokurov. Un’opera mostruosa, immensa, indescrivibile, titanica e minuscola insieme. Cinema difficile, ostico, totalitario. E’ accusabile, da parte degli storici più che dai critici, di qualunquismo e di ovvietà. E di pesantezza. Eppure Fairytale dimostra che Sokurov non ha rivali e, nel delirio del politically correct, a distanza di 8 anni dal già difficile Francofonia, fa un film che meriterebbe più visioni. Per l’ennesima volta Sokurov non ha vinto premi per questo film. Veniva premiato poco anche prima del 24 febbraio 2022 e anche prima del tardivo Leone d’Oro del 2011. Oggi viene scippato a Locarno dalla nuova moda femminista inclusiva.