Quest’anno anche Clint Eastwood, con Jersey Boys, ha ceduto al fascino del musical: un genere da molti amato, da molti altri odiato, la cui esistenza si lega indissolubilmente con la storia del cinema. Il primo film sonoro fu, infatti, un musical, Il cantante di jazz del 1927. La pellicola di Clint Eastwood rappresenta l’approdo di un percorso che, partito nel 2000, ha rivisitato e ammodernato il genere ai gusti del pubblico contemporaneo.
Negli anni Novanta, a parte i cartoni animati della Walt Disney ed il deludente Evita (1996), i musical scompaiono dal cinema. Nel 2000, però, qualcuno ha il coraggio di riproporli. Prima Lars Von Trier con Dancer in the dark (2000), poi Baz Luhurmann con Moulin Rouge! (2001) aprono la strada a tutti coloro che vogliono cimentarsi con un genere rimasto nell’ombra per almeno un decennio. Entrambe le pellicole non provengono da Broadway. Il primo è un musical completamente non convenzionale (un antimusical, secondo la definizione dell’autore); il secondo è costituito da canzoni non originali, ma rivisitate per il film ed interpretate egregiamente da due cantanti non professionisti, Ewan McGregor e Nicole Kidman.
Dancer in the dark vince la Palma d’Oro al Festival di Cannes, Moulin Rouge! vince prima due Golden Globes (miglior film commedia o musical e migliore attrice protagonista in una commedia) e poi due premi Oscar (migliori costumi e migliore scenografia).
Il musical è ufficialmente tornato alla ribalta. Nel 2002 Rob Marshall porta in scena Chicago, dal celebre musical di Broadway, che, trascinato da celebri pezzi come All that jazz, vince ben sei premi Oscar, tra cui il più importante, miglior film. La versione di Rob Marshall è più amara, grigia e spudorata di quella teatrale e ciò rende Chicago il degno erede di film immortali come Cantando sotto la pioggia (1952), West Side Story (1961) e Cabaret (1972).
Successivamente, diversi registi si cimentano con il musical, con risultati più o meno degni di nota. Alcuni film provengono dai teatri di Broadway e del West End; ad esempio, nel 2007 Tim Burton, con il suo spirito dark e grottesco, porta in scena Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street, la storia di un assassino seriale verosimilmente esistito, adattamento cinematografico dello spettacolo teatrale di Stephen Sondheim e Hugh Wheeler, mentre nel 2012 Tom Hooper, regista premio Oscar per Il discorso del re (2010) dirige uno dei musical più famosi di tutti i tempi, Les Miserables, conducendo un esperimento mai effettuato prima, ovvero quello di registrare gli attori che cantano dal vivo. Il risultato è sorprendente: una nuova carica di drammaticità scuote i musical cinematografici tradizionali, spesso percepiti in maniera inverosimile e distaccata dallo spettatore.
Un altro esperimento interessante è quello condotto da Julie Taymor che nel 2007 è regista di Across the universe, un musical ambientato all’epoca della guerra del Vietnam, costruito intorno alle canzoni dei Beatles, ciascuna reinterpretata in modo originale dai protagonisti del film. Sebbene molti riferimenti siano riconducibili al film sugli hippy per eccellenza, Hair di Milos Forman (1979), la forza di Across the universe risiede nella drammaticità della storia, nei suoi momenti più colorati e psichedelici, ma soprattutto nella sua colonna sonora unica e nel coraggio di rivisitare in modo più che convincente alcune delle più belle canzoni della musica mondiale.
Nel frattempo, il musical approda anche in televisione, prima con High School Musical (2006), e poi con Glee (2009 – in corso), una serie tv, ambientata in un liceo americano, i cui protagonisti affrontano i disagi dell’adolescenza cantando nel coro (detto appunto Glee Club) della scuola. L’arrivo del musical in televisione è assolutamente significativo in quanto per la prima volta nella storia sembra non essere più percepito come un genere di nicchia, ma come fonte di audience assicurata.
Con Jersey Boys, Clint Eastwood ha il coraggio di affiancarsi ad un genere che ha già dato molto, ma che può ancora offrire se si ha la stoffa per farlo. Il suo tocco personale trasforma il celebre musical di Broadway in un film sul prezzo della gloria, grazie alla nostalgia e all’ironia che contraddistingue tutte le sue pellicole. Cosa ci riserva il futuro? Si è parlato di una trasposizione cinematografica di The book of Mormon, un musical satirico di enorme successo, creato dagli autori di South Park, Trey Parker e Matt Stone, vincitore di ben nove Tony Awards.
Così come si è parlato di una versione per i grandi schermi di Spring Awakening, un musical dalle chiare sonorità rock portato in scena per la prima volta nel 2006, che racconta il risveglio sessuale di alcuni giovani adolescenti nella Germania nazista.
Per ora, però, purtroppo, entrambi i progetti sembrano rimasti fermi. Sicuramente, le tendenze degli ultimi anni dimostrano che il cinema non si sente più vincolato a Broadway, ma osa, sperimenta e ricrea, senza attendere di tastare il terreno a teatro prima che in sala: e questa non può che essere considerata una bella conquista.