I film di Mario Martone si concretizzano verso una costante ricerca della verità, a volte senza trovarla affatto. In tre film come L’amore molesto, Teatro di guerra e L’odore del sangue Martone converge verso quello che si può definire come “il punto nudo della scena”. Un film come Teatro di guerra si basa su un offuscamento del punto di visione, sul continuo disorientamento dello spettatore, sulla confusione e sulla disfunzione della scena, sul disordine inteso come meta finale. L’amore molesto è invece un noir mediterraneo (vorrebbe esserlo) dove Martone si addentra nei menadri della psiche di una donna (Anna Bonaiuto) e inbastisce una blanda storiella di sensibilità sopraffate e di innocenza perduta nella Napoli contemporanea.
L’odore del sangue è un (quasi) pastrocchio recitato da una Fanny Ardant al limite del ridicolo (con un tremendo italiano francesizzato) e un Michele Placido completamente fuori forma: si salvano la fotografia di Luca Bigazzi e l’attrice Giovanna Giuliani. Il resto è teatro filmato. Martone è un regista che studia i propri film nel momento stesso in cui li gira e il risultato è un vero paradosso perchè se da una parte si è affascinati da queste continue ellissi di racconto che rimandano sempre la catarsi o un qualsiasi svelamento delle parti, dall’altra si rimane con un nulla di fatto, in quanto Martone costruisce un castello di carte enorme che ha però delle fragili fondamenta, mettendo tanta di quella carne al fuoco da non riuscire più a districarsi dal puzzle costruito. Nessuna circolarità, dunque. Forse nemmeno l’ultimo, magnifico film dei Coen A serious man è un film circolare, ma che leggerezza!
Martone gira un tipo di noir che non tiene conto delle lezioni dei Coen, di Lynch e se volgiamo persino di Tarantino. Ne vengono fuori piccoli film che attingono ad una complessità interna ma non riescono a venirne fuori, il ritmo latita ed è snervante, ha un’idea di cinema ma non la si concretizza. La struttura coeniana rimane una chimera anche per i grandi registi che girano film fallimentari come Martone, un vero autore che non è mai riuscito ad imporre una struttura ferrea e “matematica” (quindi coeniana) ai suoi film. Preferendo il disordine alla compiutezza.