Si prega di leggere il testo che segue dopo aver visto il film, in quanto ci sono anticipazioni sulla trama.
Sono oltre vent’anni che Joaquin Phoenix lavora a testa bassa ai più svariati progetti in quel di Hollywood, passando tra grandi e piccole produzioni. Da morire (1995), 8mm (1998), Il Gladiatore (2000), Signs (2002) e The Village (2004), con M. Night Shyamalan, Quando l’amore brucia l’anima (2005), fino a The Master (2012) e Vizio di forma (2014), due gioielli, in parte largamente incompresi, firmati dal genio di Paul Thomas Anderson.
Poi arriva Todd Philips, autore di film di genere quali Starsky & Hutch (2005) e della serie Hangover, e gli propone una cosa come Joker, prequel del Batman di Nolan, un film che usa il genere per parlare di altro, del passato del Joker creato da Tim Burton e dipinto da Nicholson, della lotta tra ricchi e poveri, della malattia mentale, dell’umorismo come lente attraverso cui vedere una società corrotta. E ne viene fuori un film pesantissimo, che vorrebbe essere una commedia grottesca ma non ce la fa ad esserlo, perché Philips non è né Scorsese, né Gilliam, né Burton, e nonostante questo handicap, possiede un’evidente forza propulsiva nelle scene più cruente, per non parlare della performance epidermica di Phoenix, qui mattatore a 360°.
Il Joker di Philips colpisce duro e a volte rovista nel torbido, mette inquietudine vera, spaventa con una messa in scena lampante, costruendo una tensione latente che esplode a tratti. Si inventa scene magnifiche e magnetiche, come quando Phoenix balla in modo sguaiato sulle scale davanti ai poliziotti che lo guardano esterrefatti. O come nella scena clou in cui Joker viene presentato nella trasmissione televisiva dà vita al suo show proibito, uccidendo a bruciapelo il presentatore televisivo di De Niro: la costruzione del piano è perfetta, l’esecuzione pulita e senza fronzoli, non ci mette un quarto d’ora ad arrivare al dunque come fa l’imbarazzante Once Upon a Time…In Hollywood di Tarantino.
E’ con questo film urticante e fastidioso che Phoenix si prende, per l’appunto dopo tantissimi anni di duro lavoro, la scena, i riconoscimenti che gli sono mancati per decenni, conquistando la ribalta in modo definitivo. Nonostante il film non consenta deviazioni dalla programmatica prestabilita dallo script, e valga pochissimo nella sua interezza, anche quando cambia tono dall’orrore più nero alla commedia più sguaiata non ce la fa a rilassare tutta la tensione costruita, perché ha una tesi da dimostrare e, purtroppo, ha un messaggio da inviare, stampato a grandi lettere: abbiate pietà del Joker, perché è un genio incompreso con un passato infernale di abusi in famiglia.
Bisogna poi chiedersi perché, a distanza di trent’anni dal primo Batman burtoniano, per la quinta volta bisogna assistere alla scena della morte dei genitori di Bruce Wayne. E’ stata inventata da Burton, ripresa da Schumacher, Nolan, Snyder e adesso da Philips. Anche questo è un segnale di serializzazione del cinema che clona sempre se stesso. Come a teatro, la scena madre si ripete all’infinito. Joker rimane un thriller di vecchio stampo, che colpisce basso e non dice nulla che già non si sappia sui rapporti di forza all’interno di una società malata. L’esecuzione è a tratti scioccante: Tarantino, invecchiato malissimo con Once Upon a Time…in Hollywood, è avvertito. Il mercato della crudeltà cambia rotta.