E’ il capitolo numero quattro, eppure sembra un nuovo inizio. Alla Pixar sono voluti altri dieci anni per elaborare un nuovo episodio della saga di Toy Story, sembra un prodotto di marketing, un’operazione del tutto alimentare, fatta per far contenti gli ammiratori più devoti, che non hanno mai abbastanza, come accade per gli spettatori di Lost o di Game of Thrones.
Ma a guardarlo bene da vicino, si capisce subito che c’è altro. Il cinema della Pixar evolve con i suoi personaggi immutabili e sempre presenti nel contesto contemporaneo. Woody e Buzz Lightyear vengono calati in un nuovo contesto narrativo, mentre il cinema americano mainstream ad alto budget cerca sempre nuove leve, continui rinnovamenti di franchise, nuovi anelli di congiunzione tra sperimentalismo e ricalco del classico schema da blockbuster, Toy Story 4 riprende l’avvicinamento al mondo dell’infanzia come una prospettiva da cinema di frontiera. Cosi Woody appare come un piccolo John Wayne animato, in cerca della sua bella donzella, bionda, dagli azzurri, intraprendente, sempre agguerrita.
Josh Cooley, il nuovo autore di casa Pixar, esegue la partitura interpretando al meglio le istanze della sceneggiatura, coglie gli aspetti più profondi di ogni personaggio, ambienta ogni scena in un mosaico visivo degno di un capolavoro degli anni ’50, il décor risponde a logiche emozionali e consegna i personaggi a un ambito spettacolare che si apre sempre a nuovi spazi. Il Western si sente nello spirito d’iniziativa, nel prendere corpo di ogni scena verso un lido inesplorato, quasi fosse una coniugazione di genere di Inside Out (2015). Nettamente superiore a Coco (2017), Toy Story 4 si avvale di un comparto tecno-ludico che rimanda ai primi esperimenti di Zemeckis, quali Ritorno al futuro (1985) e Chi ha incastrato Roger Rabbit (1988).
Ad ogni nuovo capitolo Pixar corrisponde una esigenza di rinnovamento e si sperimentazione, questo è dovuto al fatto che il mercato impone sempre nuove sfide e aggiornamenti continui. La Pixar con Toy Story 4 ricompone la tradizione del racconto americano classico di genere, sempre ponendo i personaggi al centro di uno scenario che accumula indizi in merito ad una visione antropomorfica del disegno complessivo. Non è da tutti nel cinema statunitense di oggi.