Django Unchained

Sud degli USA, due anni prima della Guerra di Secessione. Lo schiavo Django viene liberato dal cacciatore di taglie Dr. King Schultz. Entreranno nella magione dello schiavista Calvin Candie per liberare la donna di Django, Broomhilda von Shaft.
    Diretto da: Quentin Tarantino
    Genere: western
    Durata: 165'
    Con: Jamie Foxx, Leonardo DiCaprio
    Paese: USA
    Anno: 2012
8.1

Ho sempre avuto dei problemi con il cinema di Tarantino, a dir la verità con i suoi ultimi film, da Kill Bill in poi. Regista strano, Tarantino.
Uno che inizia da la carriera da giovane con tre film (Le Iene, Pulp Fiction, Jackie Brown) che sono l’essenza del classicismo, tre film che non si direbbe essere stati diretti da un esordiente, ma da un regista anziano, che ha maturato una certa esperienza.
Tarantino aveva bruciato le tappe e, detto molto a brucia pelo, ha probabilmente esaurito la scorta delle cose che aveva da dire, con il film del 1997.

Presi nella loro interezza, come un flusso magmatico, un bolo, un continuo remake di se stesso, questi 4 progetti, Kill Bill, Death Proof, Bastardi senza gloria e Django Unchained sembrano essere fatti della stessa pasta: dialoghi rarefatti, lenti spugnosi, che non conducono mai ad una reale progressione dei personaggi, ma solo ad un abbozzo, una lentezza dell’action che porta il regista a dilatare inutilmente, all’inverosimile in una manfrina senza fine, una scena, solo al fine di farla esplodere nella deflagrazione finale.
Tutto Bastardi senza gloria era costruito così, ad esempio. Questo Django Unchained con protagonista un luciferino Leonardo DiCaprio è anche peggio.
Tarantino prende una manciata di western che ha amato molto, li ricopia di sana pianta per costruire un mosaico fluido di grandi pezzi di cinema all’interno di un fumo estetico che non dice nulla.
Il Django di Tarantino è un film che non prende mai, non intriga, è puro mito, puro esercizio di stile, puro genere che si alimenta della vena spettacolare del suo autore, innamorato di scene madri, tanto da ricombinarle ogni volta secondo i dettami di una contro rivoluzione del genere.
Mai sentito Christoph Waltz parlare in modo così felpato e falso, Tarantino proprio non riesce a sfruttare al meglio questo attore, senza farlo diventare una macchietta.
Una volta Tarantino era un regista terrorista, uno che squadernava il cinema, un cineasta rispettabile, di classe, che non giocava con il cinema ma creava classici ad occhi chiusi. Non si sa cosa gli sia successo.
Il tempo ha lavorato a suo sfavore, il regista ha capito che negli anni ’00 quel tipo di cinema non andava più vene, lo ha modificato, ha sposato il mix di generi e ha generato l’ibrido mutevole di un cinema corsaro che non sa che farsene di una estetica aulica ma incompiuta, bella da vedere ma vuota perché priva di una direzione.
Certo, poi ci sono le eccezioni come la sfrenata, folle corsa di Death Proof A prova di morte, la cosa più genuina che il regista ha fatto negli ultimi anni, oppure un film originale ma prolisso come Bastardi senza gloria, in cui viene messe in scena il metacinema in fiamme che uccide il Fuhrer. Una cosa mai vista e su questo bisogna ammettere che Tarantino ci ha saputo fare.
Ma con Django Unchained siamo ben oltre il limite di un deja-vu non più accettabile, perché il regista dimostra di voler solo scherzare con il cinema, non è più interessato alla costruzione di una drammaturgia ad orologeria, sorretta da script di ferro e da personaggi veri e immortali, ma solo alla contemplazione delle proprie passioni infantili.

A proposito dell'autore

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).