Si è troppo abituati a considerare l’animazione come un territorio ad esclusivo appannaggio del pubblico infantile per poter accettare un’operazione come quella di Ari Folman nel suo film Valzer con Bashir (2008). Non lo si può certo considerare un fallimento estetico, si tratta di un’acuta, aggiornatissima riflessione sulla memoria, sul suo disfarsi, su come il reale modifica le immagini del subconscio e si serve di una potenza immaginifica che non si ritrova da nessun’altra parte.
Cos’è allora che disturba nel film di Folman? Un’accentuato senso del realismo? Un’ansia di stupire a tutti i costi? Come si può fare un film sulla strage di Sabra e Shatila avvenuta il 6 giugno 1982? I protagonisti del film, tutti ex soldati sopravvissuti alla guerra in Libano e che il regista va a trovare a distanza di decenni dal conflitto, hanno un problema: non riescono a ricordare. Il problema del rimosso si fa acuto, nessuno pare aver conservato la minima immagine dell’orrore. E’ comprensibile, la memoria tende a seppellire tragici eventi consumatisi in un passato che si vuole dimenticare a tutti i costi. Ma qua si tratta non di fatti privati, ma di Storia, una Storia che non può essere cancellata a piacimento.
E’ per questo che il regista israeliano opera attraverso una complessa ricostruzione che mischia interviste a flashback della guerra in Libano, con un leitmotiv di stampo surrealista. Valzer con Bashir è un film difficile da collocare un un genere ben preciso (anche se il film viene incredibilmente classificato come “documentario” su imdb) proprio per questo mix verrebbe da dire “per palati forti”, che non indugia mai davanti alla violenza, che non si capisce bene se sia un film d’animazione o un film reale disegnato. E’ questo il punto che spiazza e rende il film di Folman qualcosa che sorprende e irrita allo stesso tempo. E’ come se il regista israeliano avesse voluto dare una parvenza di realtà alle immagini, come se gli avesse voluto dare una forte legittimazione, volendo analizzare un fenomeno increscioso, lo avesse voluto imporre all’immaginario con immagini molto forti e violente. E’ una specie di volontà fortissima di rappresentazione in cui il fulcro della nemesi (la guerra) di scontra con un ritorno impossibile alla realtà. L’orrore non si dimentica, sfascia il reale, rende l’incredibile credibile, togliendo in maniera irreparabile la possibilità di discernere il giusto dallos sbagliato.
E’ questa la forza del film? E’ questo il suo principale difetto? Per un film spiazza ad ogni scena e tenta ad ogni maniera di sconvolgere, imponendo una specie di sadismo dell’immagine, che tende a far crollare ogni certezza, così come è il popolo israeliano e palestinese, ad aver perso ogni barlume di certezza, di speranza, abbandonandosi a un orrore che non si può accettare, ma che si deve solo comprendere come figlio di un contesto che non concepisce più alcun valore, se non solo la morte e la sfiducia nei confronti del futuro.
Per chi è abituato ai film Disney, alla Pixar, per chi tollera il cinema fuori dalla prospettiva occidentale come quello del genio Miyazaki (che è stato proposto con 20 anni di ritardo al pubblico italiano e che questo stesso ha candidamente rifiutato, come si può vedere dal box office), per chi adora (come il sottoscritto) le mirabolanti invenzioni del cineasta-artista Sylvain Chomet, ancora troppo poco considerato con tutti i crismi che dovrebbe, per tutti coloro che sono abituati a vedere questo tipo di cinema d’animazione, Valzer con Bashir risulta ancora un prodotto indigesto, troppo fuori mano, intollerabile per realismo e raffinatezza e profondità di discorso, nonostante gli indubbi pregi estetici. Non emoziona Valzer con Bashir. Turba, sconvolge, ma non tocca mai il cuore, forse perché desidera troppo individuare i mali del suo paese con un film che tende a riscrivere la Storia, dandone un’immagine riflessa che rende l’occhio concavo e opaco, appunto, non vedendo più nulla.