L'uomo con i pugni di ferro

Knife, un mercenario inglese, arriva nella città di Jungle Village. Questa diventa teatro di furiosi scontri, tra cui prenderà parte anche un pacifico fabbro.
    Diretto da: RZA
    Genere: azione
    Durata: 95'
    Con: RZA, Russell Crowe
    Paese: USA, HONG KONG
    Anno: 2012
5.4

Si potrebbe partire da “C’era una volta lo studio degli Shaw Brothers”, e raccontare l’epopea di una casa di produzione che originò talenti ed apporti seminali ai wuxia ed ai kung fu movies. Oppure si potrebbe trarre partito da un “C’era una volta Kill Bill”, e parlare delle origini della collaborazione tra RZA, regista di L’uomo con i pugni di ferro, e Quentin Tarantino, in un set in Cina.

Ma al di là di ogni ricostruzione filologica, s’impone un dato empirico – sperimentato in prima persona da chi scrive: l’effetto di amplificazione che ha associato il titolo del film di RZA al nome di Quentin Tarantino, al limite della pubblicità ingannevole, per cui è persino capitato che qualcuno avesse inteso dal trailer che il film fosse di Tarantino stesso o lo vedesse coinvolto in qualche modo diverso, e più pesante, dell’effettiva benedizione morale.
Ma, ahinoi, l’unico collegamento è per simmetria del contrasto: dacché a RZA non riesce di fare delle proprie passioni e delle proprie ossessioni adolescenziali un prodotto di cinema supportato da idee e talento, come invece accade a Tarantino.
L’uomo con i pugni di ferro è un fabbro di colore, Thaddeus Blacksmith (RZA), ex schiavo liberato e rocambolescamente finito in Cina, in un tempo indefinito, dove fabbrica armi per gli sgherri delle contrapposte fazioni locali. Mentre cerca di metter da parte qualche soldo per liberare l’amata Lady Silk (Jamie Chung) dalla schiavitù dell’ambiguo e velenoso bordello The Pink Blossom, si scatena la guerra tra i clan.
Un mercenario inglese, Jack Knife (Russell Crowe), dedito a libagioni più che a capo di guarnigioni, diventa l’ago della bilancia. Spettacolare come una parata di wrestler e violento come un saggio di kung fu organizzato dalla Marvel, L’uomo coi pugni di ferro ha lo stridore del ferro arroventato sulla seta: le spezie del wuxia recente sono sommerse dalla senape di un “metti Wolverine in Cina”, la colonna sonora rap farebbe rizzare i baffi a Pai Mei, l’incenso dei templi Shaolin s’avvolge all’alito che sa di whisky dei bordelli formato saloon.
Sushi all’americana, in altre parole: con RZAThaddeus blaxploited inesploso, che resta un semplice para-Django; Russell Crowe che – a proposito di pastiche gastro-cinematografica – sembra preso da uno spaghetti western, nel classico ruolo del terzo incomodo neutrale che cerca di far grana (per un pugno di dollari cinesi, più che per i pugni di ferro); Lucy Liu, raffinata matrona di stagionata e viperina bellezza, mena le danze di quelle che la menano, ma è solo una delle tante confuse essenze; Dave Batista, noto per lo più per la militanza nello sport-entertainment della WWE, sembra trasfigurare nella Cosa dei Fantastici Quattro.
Tutto fantastico, e tutto disomogeneo: al punto che i duelli finali, tremendamente simili a battle raps coreografate con costumi vintage, sono montati in alternanza dispersiva, con tanto di split screen: immagini scisse coerenti ad una sceneggiatura (a quattro mani con Eli Roth) rimasta storyboard, la forma più vicina al fumetto.
Old East, old West e old style in generale, restano ben lontani dall’amalgamarsi in un unico stile, al più tessuti alla peggio nella grana grossa del videoclip. Sia i pugni di ferro che la scena della lotta nella sala degli specchi citano I tre dell’operazione drago di Robert Clouse, trasmesso proprio qualche settimana fa da Rai 4: tanto per rinfrescare la memoria di cosa volesse dire mettere nello stesso film, senza colpo ferire, un americano avvezzo ai polizieschi all’italiana, come John Saxon, e l’icona del kung fu movie, Bruce Lee.
Nel film di RZA l’immagine simbolo della distanza degli emisferi fintamente accorciata è nell’aggeggio spara-coltelli: c’è qualcosa del genere anche nel recente Hansel e Gretel – Cacciatori di streghe. Un’americanata poco tagliente, citazione di citazioni: buon divertimento, se vi diverte.

A proposito dell'autore

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Professore di storia dell'arte e giornalista pubblicista, professa pubblicamente il suo amore per l'arte e per il cinema. D'arte ha scritto per Artribune, Lobodilattice, Artslife ed il trimestrale KunstArte, mentre sul cinema, oltre a una miriade di avventure (in corso) da free lance, cura una rubrica sul quotidiano "Cronache di Salerno" ed in radio per "Radio Stereo 5".