La vicenda realmente accaduta di Bobby Sands, leader dell'IRA, detenuto in carcere in Irlanda del Nord, nel 1981. Sands iniziò uno sciopero della fame, a seguito della decisione dell'amministrazione Thatcher di abolire lo statuto speciale di "prigioniero politico".
Diretto da: Steve McQueen
Genere: drammatico
Durata: 96'
Con: Michael Fassbender, Stuart Graham
Paese: UK, IRLA
Anno: 2008
Hunger mette in scena l’ultimo e significativo tassello della vita di Bobby Sands, militante dell’IRA, che morì nel 1981 nel carcere nordirlandese di Maze, in seguito allo sciopero della fame, messo in atto in segno di protesta contro il governo inglese, guidato da Margaret Thatcher, dal quale lui e gli altri detenuti pretendevano il riconoscimento dello status di prigionieri politici.
La pellicola è caratterizzata da uno stile levigato e incisivo al tempo stesso, ed è percorsa per gran parte da silenzi e rumori: non vi è alcun bisogno di parole, se non per dare voce, a un certo punto, alla profondità umana di Sands (un bravissimo Michael Fassbender) nel fluviale dialogo col prete in carcere.
Hunger è composto da tre segmenti ben distinti: la protesta delle coperte e dell’igiene dei detenuti fino ad arrivare alla loro rivolta, il lungo colloquio tra il prete e Sands (protagonista, quest’ultimo, che compare circa a un terzo del film), e la protesta definitiva di quest’ultimo, che lo porterà alla morte. Al suo primo lungometraggio (vincitore della Camera d’or a Cannes nel 2008), il video artista londinese Steve McQueen dimostra un indubbio talento e un non trascurabile merito, ossia quello di mettere in scena una storia e di mettersi al servizio di questa, senza vezzi stilistici fine a se stessi, passando da un realismo crudo e intenso all’astrazione, nel toccante finale.
Il film non si abbandona a derive estetizzanti, ed è privo di virtuosismi inutili: l’impressionante colloquio in carcere tra Sands e il prete girato in piano sequenza (circa quindici minuti di totale fisso sui due) è di una potenza incredibile.
Nella sequenza appena citata, la macchina da presa è ferma a osservare il serrato scambio dialettico, a sondare due mondi, a mettere in risalto soprattutto quello dell’ostinato Sands, determinato a portare a termine la sua missione suicida, in nome della libertà e della dignità del suo paese, e dalla sua bocca escono parole che trascendono il contesto storico-politico, che sta al cuore di questo potente e atipico film carcerario.