Nel film Dan Rather, un mito del giornalismo d’inchiesta, è interpretato dall’anziano ma sempre bravissimo Robert Redford mentre la bravissima Cate Blanchett dà voce e cuore a Mary Mapes, l’unico limite del film è una regia (la prima per Vanderbilt) troppo lineare, che segue rigorosamente con ritmo incalzante solo ciò che succede in un network televisivo.
Truth – Il prezzo della verità, basato su una storia vera che negli Stati Uniti ha tenuto banco per molti mesi e dato scandalo; espone con chiarezza i fatti senza falsi buonismi, mostra la realtà nuda e cruda che ha contraddistinto questi eventi e che, purtroppo, caratterizza il giornalismo d’inchiesta in generale: quando si vanno a svelare intrighi di potere, favori in alto loco e particolari poco edificanti delle vite degli uomini potenti, a farne le spese, quasi sempre, sono i giornalisti che hanno fatto venire alla luce tali scheletri.
La storia di Truth comincia la mattina del 9 settembre 2004, quando, la sera precedente, la produttrice della CBS News Mary Mapes aveva trasmesso un reportage investigativo nel quale venivano rivelate delle prove secondo cui il Presidente George W. Bush aveva trascurato il suo dovere nel periodo in cui prestava servizio come pilota nella Guardia Nazionale dell’Aeronautica del Texas, dal 1968 al 1974. Ma a pochi giorni dallo scandalo, i registri del servizio militare di Bush smisero di essere al centro dell’attenzione dei media e del pubblico, e da quel momento in poi, furono 60 Minutes, la Mapes e Rather a passare sotto alla lente di ingrandimento. Truth è tratto dal libro scritto da Mary Mapes, intitolato Truth and Duty: The Press, the President, and the Privilege of Power, pubblicato nel 2015.
Alla fine di quella giornata, lei, la CBS News, e il famoso conduttore di 60 Minutes, Dan Rather, furono messi a dura prova.
Il film parla di etica e di libertà giornalistica, oltre che dello scandalo che prese di mira il futuro presidente degli Stati Uniti, George Bush.
Il problema basilare di Truth sta però proprio nella mancanza di una conclusione certa della vicenda reale. Al di là del destino dei singoli protagonisti, infatti, nessuno ha mai potuto dire con certezza se le prove portare a corredo del servizio fossero vere o false, né se ci fosse intenzione da parte dei produttori di danneggiare la campagna per la rielezione di Bush. Vero che questi dubbi nascono solo al termine della pellicola, ma lasciano lo spettatore con l’amaro in bocca, e non perché ha visto la verità sconfitta dal vil denaro quanto, ma perché non è più sicuro di aver visto raccontata una verità. E questo, per un film sul giornalismo investigativo, è un difetto non da poco.
Robert Redford e Cate Blanchett risultano ottimi protagonisti, credibili nel loro ruolo e perfetti nel ruolo. Redford torna di nuovo a vestire i panni di un giornalista, dopo la prova in Tutti gli uomini del presidente, che non esita a rendere note, in questo caso davanti alle telecamere, le notizie, anche se riguardano la più alta carica del suo Stato. Cate Blanchett si conferma un’attrice capace e di talento, in grado di esprimere con maestria un’ampia sfera di sentimenti, a volte anche contrastanti, grazie a una mirabolante forza espressiva.
James Vanderbilt, alla sua opera prima fa’ un buon lavoro, e riesce a coinvolgere lo spettatore quanto basta, con dei protagonisti eccellenti come Redford e Banchett; eliminando i tempi morti.