Tra Detroit e Tangeri due vampiri, Adam e Eve, vivono in solitaria, completamente distaccati dal mondo moderno, che sta collassando su se stesso. Il loro rapporto d'amore viene movimentato dalla sorella di Eve, giovane e scatenata.
Diretto da: Jim Jarmusch
Genere: horror
Durata: 123'
Con: Tilda Swinton, Tom Hiddleston
Paese: USA
Anno: 2013
Dopo alcuni anni di silenzio Jim Jarmush torna con il tanto celebrato (quasi) unanimemente Solo gli amanti sopravvivono a parlarci di outsider. E questa volta quasi dall’oltretomba viene la coppia di vampiri bohémien (oggi: hipster, o pseudotali) che (soprav)vivono in un mondo notturno quasi-post-apocalittico. E dopo l’apocalisse, il disfacimento totale (esistenziale e culturale) – sembra dirci Jarmusch – non resta che amare (le arti, la scienza: la vita insomma), e amarsi “vampirizzando” un mondo anestetizzato, che ignora, o non si rende conto affatto della (oramai poca) bellezza che lo circonda.
Questo è quello che fanno Adam (Tom Hiddleston) ed Eve (Tilda Swinton): succhiare ciò che di buono è rimasto di un mondo fantasmatico, decadente e putrescente, e (tentare di) conservare quel poco nascosto negli angoli più impensabili di un pianeta marcio, desolato e indifferente.
Adam ed Eve si muovono con passo felpato tra le macerie di questo mondo rappresentato attraverso due città, Detroit e Tangeri: la prima non-luogo simbolo della decadenza occidentale, mentre la seconda (nuovo paradiso terrestre?) sembra ancora offrire i pochi spiragli di bellezza rimasti in un mondo popolato da persone senza più alcuna spinta vitale – zombie, come li definisce Adam.
L’incedere dolente e ipnotico del “melò-horror” post-post moderno – se ancora hanno senso certe etichette – di Jarmusch avvolge, e inquieta, con i suoi toni eterei e acidi, come quelli della musica composta da Adam (dello stesso Jarmusch) che fa da tappeto sonoro al film.
Ma si ha l’impressione che il troppo amore di Jarmusch per il suo immaginario (musicale e cinematografico), e quindi per se stesso, a conti fatti, abbia dato vita ad un’opera troppo innamorata di se stessa, che basta a se stessa, che quasi non ha bisogno che la si guardi – proprio come la musica di Adam (alter ego di Jarmusch), che compone per se stesso nella sua casa-studio di registrazione nei sobborghi fantasma di Detroit, e che conserva gelosamente facendola ascoltare a malapena alla sua compagna.