La Direttrice del carcere Milano-Opera, Armida Miserere ha una storia con uno degli educatori dello stesso carcere Umberto Mormile. Vorrebbero una famiglia, ma un giorno Umberto viene assassinato. La vita della donna cambia radicalmente.
Diretto da: Marco Simon Puccioni
Genere: drammatico
Durata: 110'
Con: Valeria Golino, Filippo Timi
Paese: FRA, ITA
Anno: 2013
Il film, presentato al Festival di Roma 2013, diretto da Marco Simon Puccioni ed interpretato da Valeria Golino, Filippo Timi, Francesco Scianna, Chiara Caselli, Marcello Mazzarella, è un’ode al senso del dovere, alla compostezza e dignità nel (con)vivere con il dolore.
Armida Miserere è stata realmente Direttrice dei carceri di Milano, Palermo e centro Italia. Siamo negli anni della legge Gozzini, la cosiddetta “legislazione dell’emergenza” degli anni ’90, atta a contrastare la diffusione a macchia d’olio, sempre più preoccupante, della criminalità organizzata, in particolare di quella mafiosa.
Armida è sentimentalmente legata ad Umberto Mormile (Filippo Timi), educatore nei carceri, dove utilizza il teatro come espediente formativo. Umberto sarà ucciso nella sua macchina da due killers, mentre attende ad un semaforo rosso il via per poter ripartire.
Appena Armida viene messa a conoscenza della tragica notizia si chiude in se stessa, mostrando tutta la forza e la determinazione del suo carattere, impedendo al dolore lacerante di trapelare. A testa alta e con piena dignità, decide ogni mattina di alzarsi dal letto spinta da amor patrio.
Le minacce sono costanti, continue, ma la Direttrice accetta la sfida: non si lascia intimorire. Colleghi e amici sono pronti a supportarla e a porgerle una spalla su cui potersi sfogare, eppure non ha alcuna voglia di crogiolarsi nella sofferenza e nei ricordi, bensì preferisce bere, fumare come una ciminiera e uscire, con la speranza di allontanare per un attimo le sue frustrazioni.
Il crollo, probabilmente definitivo, si ha quando, tornando a casa, trova i suoi cani ammazzati. Un colpo al cuore e una ferita impossibile da rimarginare, le fanno comprendere quanto questa vita di sacrifici contenga troppa crudeltà.
È una lotta impari, e lei, oramai è stanca. Sola, completamente, diviene consapevole del suo destino: non c’è alcuna possibilità di vivere in un mondo senza luce. Non c’è speranza e non basta credere nella giustizia per vincere un sistema tanto infimo. Non si può soprattutto quando l’urlo disperato della nostalgia assale, accarezzando il volto, porgendo la mano e invitando a tornare nel passato, cessando di esistere nel presente.
Decoroso e leggero, Come il vento racconta la biografia di una donna senza suscitare alcuna commossa compassione, lasciando che la cruda realtà si mostri senza filtri, cercando di essere maggiormente fedele ai fatti senza peccare e scadere nel banale. Piena dignità dunque alla storia vera, alla regia e alle interpretazioni.