Il regista statunitense Gus Van Sant, i fratelli belgi Dardenne, e recentemente il giovane canadese Xavier Dolan, hanno affrontato più volte nei loro lavori il difficile tema dell’adolescenza, periodo sempre particolarmente mutevole e complesso. E’ su questa tematica che si innesta A testa alta, il film di apertura del Festival di Cannes 2015, diretto dalla regista e sceneggiatrice francese Emmanuelle Bercot.
A tre anni di distanza da Elle s’en va, torna a lavorare con la diva del cinema francese Catherine Deneuve. Se in quello precedente era una ristoratrice, in A testa alta l’attrice deve interpretare il complesso ruolo di un giudice nel tribunale dei minorenni, Florence. In un arco temporale di dieci anni si occupa della vita caotica di Malony (interpretato dall’esordiente Rod Paradot ), un ragazzo abbandonato dai genitori, che conducono una vita dissoluta, e dal temperamento deciso. I protagonisti ci vengono presentati in modo preciso: Florence nei luoghi in cui amministra la giustizia, mentre Malony da bambino con riprese che si focalizzano solo su di lui e lasciano fuori tutto il resto dall’inquadratura per sottolineare l’alienazione a cui è stato abituato fin dalla tenerà età. Man mano si associano ad essi diversi personaggi che si aggiungono e diventano parte del nucleo centrale: la cancelliera, la madre, l’avvocato d’ufficio, gli educatori, il primo amore giovanile.
Con uno stile asciutto ed un approccio comprensivo ma realistico verso temi come il disagio giovanile, le micro violazioni e l’educazione forzata, la Bercot affronta il doloroso e violento percorso di crescita di Malony senza retorica o pietismi; ma anche la quasi totale sostituzione della giudice, severa ma giusta, e degli educatori nei ruoli che furono dei genitori naturali, vere e proprie spade di Damocle della sua precaria e confusionaria vita. La sceneggiatura ha delle finalità chiare: vogliono far comprendere allo spettatore la necessità di un percorso di risocializzazione, quindi di crescita, piuttosto di misure che limitano la libertà psico-fisica dei giovani rei che possono non cooperare e quindi non rinascere. É fondamentale farsi motivare sia dalle leggi penali, ma anche da quelle morali. A testa alta è un valido film per l’analisi chiara che conduce su questo delicato microcosmo, rispetto al quale le interpretazioni magistrali dei suoi due protagonisti lo fanno apprezzare ad entrambe le generazioni coinvolte.