Inside Out

Riley, una ragazzina di 11 anni, si trasferisce con la sua famiglia dalla periferia del Midwest alla città di San Francisco. All'interno della sua mente i suoi 5 stati d'animo Gioia, Paura, Tristezza, Rabbia, Disgusto sono in perenne contrasto.
    Diretto da: Pete Docter, Ronaldo Del Carmen
    Genere: animazione
    Durata: 94
    Paese: USA
    Anno: 2015
8.8

Il plebiscito con cui è stato accolto Inside Out fa più impressione del film in sé. Lo stile Pixar è un brand talmente collaudato da dare la possibilità, già dopo una prima visione, di mettere in prospettiva un’operazione che vorrebbe definirsi con l’appellativo di “classico”. Precorrere i tempi non si può. Al limite l’unica arma che si ha davanti ai dubbi di una qualsivoglia teoretica è l’analisi dello script come unico vettore di senso. Anche perché si è impossibilitati a parlare male di un film che è costato 175 milioni di dollari, immesso sul mercato con due obiettivi: sondare i limiti dell’originalità e fare centro al box office.

Fear (voice of Bill Hader), Sadness (voice of Phyllis Smith), Joy (voice of Amy Poehler), Disgust (voice of Mindy Kaling) and Anger (voice of Lewis Black) guide 11-year-old Riley from Headquarters, the control center inside her mind. Directed by Pete Docter (“Monsters, Inc.,” “Up”), Disney•Pixar's "Inside Out" opens in theaters nationwide June 19, 2015. ©2014 Disney•Pixar. All Rights Reserved.

Lo script invita lo spettatore a porsi una semplice domanda: Inside Out è un’apologia del familismo americanista? Forse il film di Docter riesce a schivare questa ipotesi. In fondo il centro propulsore del film è la tristezza di una bambina che ha perso per sempre il luogo d’infanzia dei suoi ricordi più intimi. Le sue emozioni vengono raffigurate da 5 personaggi che fanno innalzare il film su un altro livello, più complesso e stratificato. Ma la costruzione della mente come una centralina di comando di una struttura sospesa nel nulla ricorsa molto da vicino le prime sequenze di uno dei film più ingiustamente maltrattati della Pixar, Cars Motori ruggenti (2006) di John Lasseter, dove le performance di Saetta McQueen venivano monitorate dalla cabina di regia di una radio sportiva che faceva la telecronaca di un Gran Premio di Formula 1.

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Inside Out non ha la giocosità del film di Lasseter, anzi è molto più spento e serio. I bambini potrebbero non divertirsi davanti a uno spettacolo tanto cupo, quasi desolante per certi versi. Il gioco-giogo narrativo in cui si avventura Docter non era affatto facile. Innovare costa. E’ costato a Nolan (che ha pagato con il rifiuto della critica più integralista), è costato a Paul Thomas Anderson, il cui capolavoro Inherent Vice è stato preso sottogamba quando non bocciato drasticamente da che non ha voluto capire la sottile operazione di anarchia visiva. L’innovazione di Inside Out sarà meno indolore. Il modo di concepire la mente umana è geniale nel metodo ma prevedibile nella narrazione. La stessa cosa che venne imputata a Nolan per molti dei suoi pur grandissimi film.

INSIDE OUT - 2015 FILM STILL - Pictured: Joy and Sadness navigate through Imagination Land - Photo Credit: Disney ©2015 Disney•Pixar. All Rights Reserved.

Del resto, la pecca originaria di Inside Out è di essere arrivato 5 anni dopo Inception, opera che come un fulmine a ciel sereno, inaugurò con le fanfare wagneriane di Hans Zimmer il genere del mind-game movie. La glacialità metallica del cinema nolaniano può essere comparata con la strutturazione colorata e immaginifica di Pete Docter? Si tratta di universi paralleli che non si toccheranno mai, ma è nel dubbio che si genera l’estasi dello sguardo. Inside Out diventerà un classico quando la forma-Pixar non esisterà più in quanto brand generatore di epigoni di effimero corso. Ma la strada percorsa fin qui dal colosso di Lasseter pare davvero in discesa.

A proposito dell'autore

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Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).