Il mistero del falco (1941) rappresenta il primo grande esempio di noir: un detective si trova costretto ad affrontare una situazione che si rivelerà sempre più intricata, sempre più torbida. Immancabile è la presenza della femme fatale, in questo caso incarnata da Mary Astor nei panni della sensuale e ingannatrice Brigid O’Shaughnessy, in grado di sedurre il cupo e malinconico Sam Spade che ha le sembianze fascinose di Humphrey Bogart. Il caso ha voluto che Spade diventasse proprio uno dei ruoli più indimenticabili di Bogart, malgrado la parte fosse stata assegnata precedentemente a George Raft, che la rifiutò perché non convinto dal fatto che la regia venisse affidata all’esordiente John Huston.
Quella di Huston è la terza versione cinematografica tratta dal romanzo Il falcone maltese di Dashiell Hammett, dopo quelle di Roy Del Ruth e di William Dieterle. Non c’è dubbio che sia la più riuscita, impeccabile sotto ogni punto di vista: eccezionali le caratterizzazioni di tutti i personaggi (oltre a quella del private eye Spade e della O’Shaughnessy, vanno sottolineate quelle dei gangster Joel Cairo e Kasper Gutman, interpretati rispettivamente da Peter Lorre e da Sidney Greenstreet), magistrali le riprese in interni che trasmettono costantemente un senso di ansia e di claustrofobia, come se qualcosa di terribile e definitivo fosse in attesa di arrivare.
La statuetta a forma di falcone è l’oggetto del desiderio di tutti: si rivelerà essere un falso, ed esaminandola sul finale Spade sentenzierà che “è fatta del materiale di cui sono fatti i sogni”. Non ci sono vincitori, dunque, così come d’altronde non ci sono buoni né cattivi. Quello che rimane indelebile sono le ferite nell’anima, la facilità di cadere in tentazione e di cedere all’inganno. Va da sé che Sam Spade ricordi da vicino un certo Philip Marlowe, che lo stesso Bogart ha interpretato ne Il grande sonno di Howard Hawks di cinque anni più tardi. Per questo, Il mistero del falco deve essere visto oggi come un momento cruciale del poliziesco: prima dell’esordio di Huston, datato 1941, nessuna pellicola aveva mai coniugato così abilmente un’ironia talmente beffarda a una cupa visione dell’esistenza tanto radicale.