Whiplash

Un giovane studente del college, Andrew, ha un unico obiettivo nella vita: diventare un grande batterista jazz. Quando inizia un corso con il professor Fletcher, i suoi metodi d’insegnamento fuori dal comune, porteranno Andrew ad un livello che mai si sarebbe sognato di raggiungere.
    Diretto da: Damien Chazelle
    Genere: drammatico
    Durata: 107
    Con: Miles Teller, J. K. Simmons
    Paese: USA
    Anno: 2014
8.4

Miglior sonoro, miglior montaggio, miglior attore non protagonista. Due delle tre statuette assegnate a Whiplash sono di natura puramente tecnica, malgrado il film di Damien Chazelle non sia altro che un drammatico e appassionato racconto di formazione e di crescita artistica, privo di effetti speciali o di scenografie sgargianti. Ciononostante, tutti gli Oscar vinti da Whiplash sono strameritati (e ci sarebbe piaciuto anche quello per la sceneggiatura non originale, oltre alla nomination a Miles Teller come attore protagonista): l’esempio ideale che l’aspetto tecnico deve essere funzionale a quello contenutistico, mai prevalere su di esso distogliendo l’attenzione dal coinvolgimento narrativo.

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La scena chiave del film-sorpresa della notte degli Oscar e vincitore del Sundance 2014 è quella in cui il giovane Andrew comunica alla ragazza che sta frequentando che non ha intenzione di portare avanti la loro storia, perché ciò significherebbe portare via tempo al suo unico reale interesse, alla sua unica ambizione: diventare uno dei più grandi batteristi jazz, lasciare per sempre il segno nella storia della musica, in maniera tale che anche quando sarà morto le persone parleranno ancora di lui, come oggi parlano di Charlie Parker. Whiplash è l’individuazione del momento in cui l’aspirante artista prende la decisione di sacrificare i propri affetti e la propria vita privata in nome dell’applicazione sfiancante, estenuante nella propria passione e ossessione. Chazelle racconta questo passaggio in maniera furente, innervosendo ogni fotogramma di una tensione costante e bruciante, tenendo il ritmo sincopato di un brano jazz e mimetizzandolo con il linguaggio cinematografico.

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Oltre al desiderio della realizzazione dei propri sogni da un punto di vista esacerbato ed esasperato, Whiplash riflette sull’incontro-scontro di due individui ai margini, che riconoscono vicendevolmente la propria natura maniacale, la propria idea di un’arte pura e priva di compromessi, che può essere raggiunta soltanto attraverso la fatica e l’umiliazione, e la caparbietà. Questo riconoscimento reciproco non si tramuta mai in una relazione empatica e solidaristica, tutt’altro: è sempre ostile e provocatoria, istintivamente competitiva e frustrante. Un rapporto tra maestro e allievo, tra padre e figlio putativo, tra carnefice e vittima che non pone mai limite al livello di vendicatività. A tal proposito, emblematica e impeccabile è la costruzione della sequenza finale, nella quale il richiamo della sfida, la rinuncia alla sconfitta e lo slancio dell’orgoglio contribuiscono al protagonista di raggiungere apici di abilità tecnica e di virtuosismo davvero impressionanti.

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Sacrosanto l’Oscar a J. K. Simmons, in un’interpretazione che non può non aver fatto tornare alla mente il sergente Hartman di Full Metal Jacket; altrettanto clamorosa, dicevamo, è la prova del ventisettenne Miles Teller, che non ha certamente utilizzato controfigure almeno nelle inquadrature in cui viene ripreso, dannandosi con la batteria, a figura intera. Quest’ultimo è un nome nuovo del cinema americano indipendente su cui puntare a occhi chiusi: Andrew è parente stretto del suo Sutter di The Spectacular Now, altra opera dolorosa e indimenticabile sulla fine dell’adolescenza e sul faticoso ingresso nel mondo degli adulti.

A proposito dell'autore

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Laureato in giurisprudenza e autore del blog Il bello, il brutto e il cattivo. Si innamora del cinema nel 1999, dopo aver visto Tutto su mia madre, L'estate di Kikujiro, Eyes wide shut... Oggi, i suoi autori di riferimento sono Paul Thomas Anderson e Lars von Trier. Attualmente collabora con la rivista di cinema Ciak.