Grazie ad un gioco di nomi e assonanze, Anne Fontaine ci introduce nel mondo di Madame Bovary, sfortunata protagonista dell’omonimo romanzo di Gustave Flaubert del 1856. Ciò avviene attraverso gli occhi di un ex professore universitario, Martin Joubert, fuggito da Parigi in Normandia per ritrovare quell’autenticità che nella metropoli mancava. Come un curioso abitante della campagna, attento ai minimi sconvolgimenti della routine quotidiana, Martin inizia a seguire con sguardo morboso la vita di una giovane coppia inglese, new entry nella comunità, ed in particolare quella di Gemma Bovery, donna seducente e affascinante, che ai suoi occhi si manifesta come il fantasma di Emma Bovary.
Il dilemma nel quale si estrinseca la pellicola e che coinvolge noi spettatori è allora il seguente: Gemma è veramente Emma? Come l’eroina di Flaubert, Gemma è sicuramente una donna immotivatamente insoddisfatta, consapevole della propria immotivata insoddisfazione, che decide di rifugiarsi in un amante per tentare di colmare quel senso di solitudine che la attanaglia. Dal canto suo, Michel coglie questi lontani segnali di similitudine per plasmare Gemma ad immagine e somiglianza di Emma Bovary. Egli dà libero sfogo alla sua fantasia e forza la sua visione della donna, che alla fine si scoprirà stretta nel ruolo che Michel, suo malgrado, le ha assegnato.
Il film si snoda, quindi, lungo la via del contrasto tra realtà cinematografica e realtà letteraria, a tratti molto forte, a tratti molto debole. La regista è brava nel dare alla pellicola un senso vago di incompiutezza, senza virare prepotentemente verso il dramma o verso la commedia, ma bilanciando ogni azione, ogni sguardo, ogni sentimento e stuzzicando i protagonisti con un finale che potremmo definire a suo modo aperto. Il tutto avviene in una cornice – quella della Normandia – romantica e disincantata allo stesso tempo, capace di svegliare in alcuni ardori sopiti, di addormentare in altri emozioni travolgenti.
Tra gli interpreti, è da segnalare, infine, in via prioritaria la straordinaria bravura di Fabrice Luchini, grande interprete del cinema francese, il quale è capace di donare al personaggio di Michel una nostalgica espressività, nascosta negli sguardi che il protagonista rivolge di sfuggita alla bella Gemma.