La fatica dell’oltraggio e del grottesco. L’attesa del movimento senza azione, la congiunzione tra sguardo ed ellisse. L’armonia del silenzio rotto dal rumore dei grilli. La notte ascoltata nella sua sinfonia primaria. E quindi le nuvole, i cieli aperti da un abbraccio forsennato ed imperioso. Il fiume e il rito salvifico del bagno come purificazione dal viaggio, attraverso la vegetazione selvaggia. Due personaggi senza fissa dimora: Don Chisciotte e il suo aiutante, il corpulento Sancho Panza. Ad un giovane cineasta indipendente come Albert Serra per fare cinema bastano pochi elementi, un numero sparuto di inquadrature, per filmare il nulla cosmico che avvolge lo spettatore: la ripetizione di gesti che decodificano il mestiere di attore, utilizzando il realismo come risorsa per un discorso a latere sulla definizione dell’immagine.
Honor de cavalleria (2006) è questo e molto di più. Ma attenzione. Il ritmo quasi impercettibile e la totale assenza di una trama ben definita rendono comunque la visione molto impegnativa e a rischio di fraintendimento. Serra è un cineasta ancora agli inizi e il germe della sperimentazione gli fa credere di potersi esprimere ai massimi livelli, adottando qualsiasi follia estetica. In Honor de cavalleria, così come nei due successivi film (El cant dels ocells e Historia de la meva mort) il formalismo autoriale è ancora molto forte. Di conseguenza, il totale incantamento, la fiducia nell’illusione della parola, nell’illusione della luce, nei ripetuti giochi linguistici e nella raffigurazione di un’umanità in perenne ascesi, rendono il primo esperimento di Serra un’esperienza difficile ma indimenticabile.
La decodifica dello stile di Albert Serra serve ad entrare all’interno di un mondo visivo sconosciuto e affascinante. Per quanto Honor de cavalleria sia un film di una lentezza quasi esasperante, la composizione delle inquadrature fa pesnare che il cineasta catalano sia un artista onesto e spregiudicato. Serra organizza le sequenze in quadri autonomi dove l’azione è limitata alla registrazione del gesto quotidiano. Gli unici movimenti servono ad adombrare il carattere di ogni personaggio. Nel suo cinema il silenzio è d’oro. Di fatto, nei suoi film, il sound design è un’opera d’arte a se stante. La presa diretta istallata su immagini magicamente evocative da l’impressione di essere entrati in un’altra dimensione, l’arte di Serra è la totale mise-en-abime di luoghi e corpi dove il linguaggio viene adoperato come corollario stratificato di emozioni indescrivibili.