Con un cast all star (Philip Seymour Hoffman, Richard Jenkins, John Turturro, Christina Hendricks) e il libro in parte autobiografico di un autore affermato (quel Pete Dexter da un romanzo del quale è tratto anche l’inedito The Paperboy con Nicole Kidman), da God’s Pocket ci saremmo attesi qualcosa di buono.
Il film è infatti passato al Sundance Film Festival di quest’anno registrando una buona accoglienza complessiva, ma alla prova della visione delude parecchio: non tanto per la regia dell’esordiente John Slattery (che i più conoscono come il Roger Sterling di Mad Men), quanto per la sua confezione e ispirazione complessiva. Ambientato in un immaginario quartiere di Philadelphia, il God’s Pocket appunto, il film vorrebbe raccontare le vicende di una piccola comunità di personaggi, chi più chi meno sconfitti dalla vita. Il tono elegiaco è però contraddetto da stucchevoli iniezioni di grottesco e da esplosioni di follia e violenza che lasciano più perplessi che stupiti. L’intento di tenere insieme la frustrazione dei personaggi per il loro fallimento esistenziale, il depresso scenario post-industriale dei primi anni Ottanta e le malcelate ambizioni da black comedy, sarebbe stato difficile da conseguire anche, poniamo, per i fratelli Coen al massimo splendore; nel caso di God’s Pocket si sfiora in più frangenti la caricatura.
Le tensioni sociali e razziali che stanno sullo sfondo dei drammi sopra cui si muove il film non riescono a coinvolgere, forse anche a causa del facile determinismo di fondo dello script. Quando il giornalista interpretato da Richard Jenkins (alter ego di Dexter, vista la sorte subita dallo scrittore dopo un suo articolo poco gradito da alcuni lettori) s’innamora a prima vista e perdutamente della matronale Hendricks, la sensazione è che il film possa prendere una strada differente, magari sciogliendosi in un romanticismo forse di maniera, ma almeno con la possibilità di sorprendere un po’. Così purtroppo non è, e tra sbiadite pennellate di humour nero e velleità di denuncia che non vanno a segno, God’s Pocket non sa in nessuna maniera rendersi memorabile. Né a salvare il film dal fallimento arrivano l’impianto e le dinamiche di genere, in quanto la scelta del plot è quella di rimanere in mezzo al guado, in bilico fra più possibilità, con un finale che non inquieta come vorrebbe. E che lascia l’amaro in bocca per l’occasione perduta.