Greta Gerwig è la stella in ascesa del cinema americano.
Il merito è principalmente di questa commedia datata 2012 che finalmente arriva in Italia, ma l’attrice da Sacramento si è già fatta notare nel romantico Lola Versus e nel collegiale Damsels in Distress, oltre ad essere approdata fuori concorso nell’ultima Mostra di Venezia con The Humbling, in compagnia niente meno che di Al Pacino.
Ma Greta resta e resterà prima di tutto Frances.
Una ragazza undatable, che alla soglia dei 30 anni ancora non ha realizzato il suo sogno di diventare coreografa e ballerina professionista, che si arrabatta tra lavoretti e spettacoli per sopravvivere ai cari affitti della Grande Mela e che soprattutto si vede in un anno scivolare tutto quello a cui tiene dalle mani.
Non solo il suo lavoro instabile, ma anche l’amicizia, quella speciale e unica con la perfettina Sophie, lo yin del suo yang, la sua compagna lesbica con la quale non fa del sesso, come si definiscono tra loro.
Sophie è diversa, è fidanzata, è felice, forse, è seria e professionale. Cose che Frances ancora non può essere, motivo per cui la sua vita inizia a sembrare un lungo e interminabile viaggio, fatto di tappe che sono le sue nuove case: dall’amata Brooklyn che deve abbandonare a Chinatown dove diventa quasi la figlia di amici ricchi che di lei si prendono cura, poi Sacramento per l’annuale confronto famigliare, poi ancora New York, con snob che la giudicano, e per finire pure una casella postale a Poughkeepsie, degradandosi e umiliandosi ma trovando solo così la forza per reagire e emergere, per approdare in quel Washington Heights tanto agognato.
Frances è una quasi trentenne in crisi come molti giovani d’oggi, troppo giovane per realizzare il suo sogno, troppo adulta per crederci ancora, forse. Ed è un’amica sincera, fin troppo, che si ritrova a fare i conti con la vita spersa in una Parigi che è forse l’apice dei suoi insuccessi e delle disavventure che solo a lei possono capitare.
E se una trama simile, per quanto semplice e lineare, in Italia avrebbe portato all’ennesima commedia generazionale fatta di equivoci e già visti, Noah Baumbach (socio di Wes Anderson in diverse produzioni) si arrischia con un bianco e nero molto radical chic, facendo della sua commedia indie che ricorda da vicino la serie HBO Girls, una commedia da nouvelle vague, di cui riprende l’atmosfera e l’aria frizzante. Lo stile diretto di ripresa e di interpretazione, la vivacità delle parole e delle protagoniste nonché la New York di alleniana memoria a fare da sfondo, aiutano non poco la creazione di questo rischioso paragone.
Ha ritmo, Frances Ha, ha la spensieratezza di quei quasi 30 anni, ma di questi ha anche l’arrivo della disillusione, una maturità tecnica e registica non da poco. Baumbach, aiutato nella stesura della sceneggiatura anche dalla compagna Gerwig, ci incanta con la sua divisione in capitoli, con le corse che lascia fare alla sua macchina da presa sulle note di pezzi cult (Modern Love di David Bowie su tutti), facendoci adorare questa ballerina sempre sul punto di perdere l’equilibrio, tratteggiando al suo meglio l’amicizia e instillando in giovani e non giovani, quel po’ di speranza che di questi tempi solo il grande cinema sa dare.