The Stag – Se sopravvivo mi sposo frulla buddy movie etero/omosessuale e “il mito” dell’addio al celibato in salsa (radical)chic, lontano dalle grevi goliardate o pseudotali di Una notte da leoni e di certo mainstream Usa in genere, giacché la commedia dell’irlandese John Butler fa suoi toni più garbati, pur non disdegnando qualche “colpo basso”.
Il film si affida a queste tonalità, e come accennato si distanzia da certo cinema made in Usa di stampo pre-matrimoniale, ma il risultato è davvero modesto e in fondo si rimpiange anche il suddetto cinema a stelle strisce tanto denigrato, da alcuni perlomeno.
In The Stag – Se sopravvivo mi sposo non c’è una scena, una battuta o una situazione in generale che riesca a strappare nemmeno un blando (quanto inutile) sorriso; la retorica stucchevole, come se non bastasse, è ai massimi livelli, e a dar vita al tutto ci sono macchiette e cliché a non finire.
Non basta mettere insieme un assortito gruppo di amici (non proprio machi) immersi nella natura irlandese per un addio al celibato alternativo, tra cui una coppia omosessuale, un testimone di nozze dal cuore infranto perché innamorato della futura moglie dello sposo, e un cognato “macho” e “sopra le righe” per infondere nerbo e sollevare le sorti di una commediola che non ha nulla da dire, e che usa le armi della retorica più stucchevole quando parla di sentimenti, di crisi economica, e di fiera appartenenza irlandese.
Tutto è posticcio, morto o morente nel film di John Butler, come in una bruttissima, garbata e ben intenzionata fiction televisiva. E un happy ending a tarallucci e vino, che smussa definitivamente anche quelle lievi spigolosità di alcuni personaggi e situazioni, affossa completamente il tutto, e fa finire il film dritto nel dimenticatoio della nostra mente già subito dopo la visione.