Seligman, un anziano signore, trova per caso sul ciglio della strada una donna piena di lividi e ferite: Joe. La donna le confessa i fatti incresciosi della sua turbolenta vita sessuale. Joe, infatti, è una ninfomane.
Diretto da: Lars Von Trier
Genere: Drammatico
Durata: 118'
Con: Charlotte Gainsbourg, Uma Thurman
Paese: DAN, GER
Anno: 2013
Nymphomaniac Volume 1 e Nymphomaniac Volume 2, l’ultimo film di Lars Von Trier, interpretato da Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Shia LaBeouf, Christian Slater, Uma Turman e William Defoe, è stato distribuito nelle sale italiane in una versione censurata: da un lato provoca, stuzzica, fa riflettere; dall’altro stronca le emozioni e, probabilmente, non è in grado di trasmettere a pieno il messaggio del regista.
Scrosci di pioggia, una serie di panoramiche, un luogo circondato da mura e mattoni ma silente come pochi, una donna stesa a terra con una scia di sangue dietro la testa, qualche contusione sul volto e un uomo che, tornando verso casa con le buste della spesa tra le mani, la scorge, la rialza e le offre ospitalità. Lui si chiama Seligman, vive da solo ed è un uomo “casa e chiesa”; lei si chiama Joe, la sua storia è travagliata e complessa: decide di raccontargliela per capitoli, come spesso accade per i film di von Trier.
Inizia così Nymphomaniac Vol.1. Si parte dall’adolescenza, il rapporto con la famiglia, l’avversità con la madre e l’adorazione nei confronti del padre, i primi istinti sessuali, la voglia di conoscere il proprio corpo e la scoperta del piacere. Poi, il ricordo della prima traumatica esperienza, l’imposizione di non andare due volte a letto con lo stesso uomo, le trasgressioni, le blasfemie, i “mea vulva” che sostituiscono la locuzione latina “mea culpa”, l’innamoramento e le sue conseguenze, tra cui l’incapacità di sentire piacere nel momento in cui si giunge all’apice del benessere sentimentale.
Infine, la morte del padre e l’assenza di dolore. Tutto questo nel primo volume di un film che di atti sessuali, genitali ed immagini spinte ha ben poco; del resto, è vietato sino ai 14 anni. Riparte dal capitolo sei il Volume II e stavolta ci si aspetta meno sentimentalismi, più azioni scabrose, scandalose e peccaminose (il “no entry” è sino alla maggiore età).
D’altra parte, chi paga un biglietto per osservare questo specifico film non è alla ricerca di partite a tre sette: sa perfettamente cosa sta per vedere. Adesso Joe è donna, vive con Jeremie (l’uomo che ha sempre amato) e da quest’ultimo ha avuto un figlio: Marcel. Di contro, la sua capacità di provare piacere si riduce sempre più, sino all’assoluta insensibilità. Per tal ragione si strugge e decide di porre rimedio violentando se stessa e iniziando pratiche sadomaso.
Fruste, schiaffi, pugni, mani e piedi legati, lividi, ma soprattutto la ricerca disperata del proprio orgasmo, divengono la ragione per cui Joe sceglie di abbandonare la strada vecchia. Da questo momento sarà sempre più sola e comprenderà la sua sorte: «Vidi in lui un uomo che portava la mia stessa croce. Eravamo entrambi emarginati sessuali».
Von Trier, come sempre (di)mostra una grande abilità nel mescolare sacro e profano, amore e odio, bellezza e orrore. Nulla è casuale: citazioni, concetti letterari, filosofici, musicali, chiavi di lettura molteplici e riflessioni profonde. Sì, chiaramente, ci sono corpi nudi, rare immagini di organi genitali, scene di sesso. In realtà, (e la critica è alla base), sarebbe stata molto più interessante la visione integra del lavoro: bisognerebbe lasciare all’Arte la sua massima espressione, senza censure, vincoli o misteri. In questo modo si avrà sempre uno sguardo offuscato e mai obiettivo, una mutilazione, una mancanza di elementi che sono parte integrante dell’insieme e che da esso non prescindono.
Nymphomaniac vuole essere il racconto della donna di oggi o quella del domani: una donna senza scrupoli, libera di trattare certe tematiche. Vuole far valere i propri diritti, tra i quali, (senza alcun dubbio), c’è il bisogno di trovare l’appagamento sessuale. Se ne frega del giudizio altrui ed è capace di agire come un qualsiasi uomo. Lei dalla società pretende di più: vuole abbattere i cliché del nostro tempo, ancora vivi e probabilmente indissolubili. Una donna che sa che “Le qualità umane si possono racchiudere tutte in una parola: ipocrisia”. Joe prova a sconfiggere questo termine con tutte le sue forze. Si è stanchi del concetto di “politically correct”: non c’è uno stile né un codice comportamentale predefinito, non ci sono regole da dover rispettare e non c’è chi può osare giudicare o criticare un altro; lo diceva stesso De André in “Un giudice”.
Tuttavia, bisogna riconoscere che nel prodotto filmico vi sono alcune incoerenze: le ferite riportate sul volto sono prima a destra, poi a sinistra e, infine, si tramutano in lividi sparsi. Ci sono stati rari ma evidenti stacchi erronei nel montaggio e si sarebbe dovuto provvedere a rendere il colore degli occhi delle tre attrici di un’unica tinta, essendo loro “Joe” nelle tre diverse fasi della sua crescita. Dulcis in fundo, il finale è immensamente prevedibile. Dettagli, ma fanno la differenza.