Una coppia ad Helsinki, lui tramviere, lei capocameriere, perdono il lavoro. Dopo varie vicissitudini, tra disoccupazione e speranze di sopravvivenza, riescono a ritrovare un impiego con l'apertura di un nuovo ristorante.
Diretto da: Aki Kaurismaki
Genere: commedia
Durata: 96'
Con: Kati Outinen, Kari Vaananen
Paese: FIN
Anno: 1996
Nuvole in viaggio (1996) è la commedia morale più commovente di Aki Kaurismaki? Forse no, L’uomo senza passato (2002) e La fiammiferaia (1990) sono probabilmente un gradino più in su.
Ma nella splendida versione rimstarizzata in Blu Ray si può finalmente notare tutto il lavoro sui dettagli, la fotografia di Timo Salminen che associa differenti tonalità di blu e di giallo tali da far assomigliare il quadro ad una tavolozza ipocromatica che serve sempre mette in prospettiva la vicenda e a dire “questa storia è finzione, ma questo non metterà in discussione la tua capacità di immedesimarti nella vicenda”.
La vicenda si dipiana in modo incredibilmente schietto, senza alcuna forzatura di script. La vita normale degli impiegati in un ristornate, la perdita del lavoro, il calvario della disoccupazione e la ricerca inesuasta di un nuovo posto, fino al ritorno ad una normalità che sembrava perduta.
In questo cocervo di vicende negative la protagonista principale Ilona/Kati Outinen non si prende mai dallo scoraggiamento, tira sempre dritto, anche nei momenti più bui. Il marito Lauri la conforta e l’aiuta anche se lui è a volte è persino più direttamente disperato di lei.
Ma entrambi hanno l’orgoglio del lavoratori e sanno che chi si ferma a piangere e perduto. La loro forza sta nell’unione.
Il tratto peculiare che distingue Nuvole in viaggio dalle altre morality tales di Kaurismaki è la consapevolezza della compassione, di una passione interna che sprigiona momenti altissimi di poesia e si rileva come antro pedagogico per le generazioni a venire. Nei moenti più bui l’animo non perde nella conteplazione del proprio fallimento. I silenzi vengono contrappuntati da una colonna sonora che, sorniona, ironica, va sempre a cogliere il alto più umano e squisitamente espressivo del quadro messo in scena.
A Kaurismaki basta uno sguardo, un cenno per dare valore e significato ad un angolo di stanza, dove un personaggio è rannicchiato a contemplare il senso della propria esistenza.
Non tutti riescono a farlo, alcuni ci provano (Ken Loach, Robert Guediguian), ma solo Kaurismaki riesce a trovare la giusta disatnza, senza lacrime, senza indugi, per raccontare la povertà di un’esistenza comunque sempre precaria e in perdita, annullando ogni commento superfluo ad una vicenda che si racconta da sé.
Per Kaurismaki la solidarietà tra i poveri è il metro di giustizia sociale con il quale giudicare il mondo moderno, che sente come conglomerato misterioso e sovrano dove le cose accadono forse anche per un qualsivoglia montito dall’alto. Ecco perché il film finisce con Kati Outinen che fissa il cielo. Quasi a ringraziare, laicamente.