Come disse Bruno Fornara sulla rivista cartacea di Cineforum nell’estate del 2007, appena dopo la proiezione cannense di A prova di morte: “Tarantino è una brutta bestia”. I fatti odierni confermano questa ingrata tesi. Sì, il regista di Kill Bill è una bruttissima bestia. Adesso, a distanza di quasi cinque anni dalla prima visione su grande schermo di C’era una volta… a Hollywood avvenuta nel settembre 2019 e conclusasi con una bocciatura completa e totale e senza appello, ora la prova d’appello si presenta in un nuovo contesto completamente mutato.

Tra il 2019 e il 2024 ci sono stati virus cinese, martellamenti ideologici a 360° tra femminismo, arcobalenismo, inclusivismo, ambientalismo. Oggi il C’era una volta di Tarantino si guarda come precisa antitesi gloriosamente obsoleta, di tutti questi ideologismi odierni. Il film di Tarantino nel 2019 si guardò a scatola chiusa, senza saperne nulla, lo si guardò per quello che era veramente, non per quello che doveva essere. I film si guardano senza che ci sia qualcuno che venga a spiegarcelo. Si guardano e basta. Ma con Tarantino ci si trova spessissimo nei guai. Perché il regista di Pulp Fiction e Jackie Brown arriva a dover risolvere il problema della saturazione dell’immaginario. I cineasti classici come Spielberg, Scorsese, Eastwood, Allen, Michael Mann e pochi altri possono fare a meno di questa triste consuetudine a fare cinema classico senza doversi scusare. Tarantino viene dalle abbuffate dei video store ed è sempre stato abituato a lavorare nella cosiddetta era del post-cinema.

Nel terzo millennio tutto è già stato filmato e quindi l’autore di Kill Bill deve lavorare sulla difficile superficie di un immaginario saturo di immagini. Da qui deriva la colossale Opera-Nostalgia di C’era una volta… a Hollywood. Ben quattro anni dopo The Hateful Eight del 2015, una chiacchiera estenuante di quasi tre ore chiusa in un emporio che terminava in modo ovvio. L’ultimo film di Tarantino prende necessità e corpo solo adesso, almeno per quanto mi riguarda. E’ dura dover passare da un giudizio estremamente negativo ad uno di senso opposto o comunque diverso. Si tratta di una rivalutazione? Si ammette che cinque anni prima non si avevo capito nulla? Nella prima visione su grande schermo ci fu un enorme fastidio dato dai vari narcisismi del regista, e di alcuni attori, si capì subito che il regista ripeteva se stesso e non aveva granché da aggiungere.

Oggi, nel 2024 nell’era della fine delle visioni in sala e dell’inclusione il film di Tarantino riprende nuova vita, con un modello di cinema nostalgico dove la nostalgia non è un brutto effetto collaterale bensì la struttura stessa del film. C’era una volta… a Hollywood ripete le esperienze di Amarcord (1973) di Fellini e C’era una volta in America (1984) di Leone. Ma si avvicina più al primo che non alla greve retorica del secondo. Tarantino filma Cliff Booth (Brad Pitt) e Rick Dalton (Leonardo DiCaprio) con puntualità (Cliff che intima a Rick di non piangere davanti ai messicani; il regista di western che ricorda a Rick che lui è un attore e si deve vestire da Hippy anche se lui odia quel look così trasandato e la scena dello sfogo di Rick in camerino dopo ave dimenticato le battute) e le loro performance adesso sono perfettamente sensate, come il piccolo ruolo di Bruce Dern cieco e smemorato e la bambina che legge la biografia di Walt Disney e si definisce “attore”, non “attrice” perché non ha senso. Ma ci sono molte altri dettagli che a distanza di cinque anni risaltano all’occhio. Invece il massacro finale resta un grosso punto interrogativo.

A proposito dell'autore

Avatar photo

Classe 1981, co-fondatore di CineRunner, ha iniziato come blogger nel 2009, ha collaborato con Sentieri Selvaggi. I suoi autori feticcio sono Roman Polanski e Aleksandr Sokurov. Due cult: Moulin Rouge (2001) e Scarpette Rosse (1948).