Futuro imprecisato. Il pianeta Terra è tenuto sotto controllo militare da una coalizione chiamata Gaia. Ad essa si contrappone la flotta stellare dell'Arcadia, sotto il comando di Capitan Harlock. A bordo della flotta viene ad aggiungersi un nuovo elemento, Logan, infiltrato da Gaia per uccidere Harlock.
Diretto da: Shinji Aramaki
Genere: animazione
Durata: 115'
Paese: GIAP
Anno: 2013
Frutto di uno sforzo produttivo senza precedenti da parte della Toei Animation, Capitan Harlock 3D è il primo film in computer graphic dedicato al pirata dello spazio, vero e proprio personaggio di culto di chi in Italia era bambino alla fine degli anni Settanta, anche grazie all’indimenticabile sigla della serie televisiva, ad opera di Vince Tempera.
Lo ieratico capitano non è però il vero protagonista dell’azione nel lavoro di Aramaki Shinji: lo scontro principale – e c’è di mezzo una donna, ormai fantasmatica – è quello di due giovani fratelli, Yama e Izra, che si battono tra loro per la speranza di ricominciare a vivere in un mondo che è in procinto di tornare a splendere dopo che la guerra lo ha devastato.
La vicenda raccontata da Capitan Harlock 3D dimostra un certo interesse di sceneggiatura. Rinunciare alla centralità dell’eroe spaziale per farne piuttosto un simbolo d’indipendenza è una decisione coraggiosa (benché nel finale l’accostamento di Harlock e Yama in uno schema padre-figlio appaia molto più scontato), che comporta tuttavia almeno un paio di conseguenze.
La prima è la necessità di spiegare il plot in più occasioni rallentando l’azione, ma non riuscendo ad ispessire davvero il carattere di Harlock. Che è sì più dark e tenebroso che in passato, e d’altro canto è evidente l’ispirazione da Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan – e anche del terzo episodio della serie di Star Wars – ma pecca in complessità e umanità ed è lontano dalla malinconia sconfinata del bucaniere immaginato da Leiji Matsumoto, e questo malgrado il tentativo di ravvivarne la grandezza con l’immortalità donatagli dalla minacciosa “darkmatter” (la fonte di energia della nave spaziale, l’Arcadia).
La seconda conseguenza, forse più mirata, è quella di concentrare maggiormente l’attenzione sulle ragioni della lotta fratricida. Il lucido pessimismo giapponese, dopo il disastro di Fukushima, è in questo senso più vivo che mai e ci mostra impietosamente un pianeta Terra buio e informe ridotto a landa desertica, quasi fosse il più remoto dei luoghi rocciosi del cosmo (e credo sia lecito rifarsi a Prometheus come ulteriore modello di ispirazione). Tali spunti complessivamente non disprezzabili non nascondono comunque un marcato difetto di fondo nell’operazione che rischia di inficiarne, se non gli incassi, almeno il valore percepito: e cioè che si tratta di un film che non ha un pubblico di riferimento definito.
Non i quarantenni, i bambini di allora, che stenteranno ad entrare in empatia con questo Harlock dimesso. Ma neppure le giovani e giovanissime generazioni, le quali troveranno scarna e poco fluida l’azione, lontana dalle orge digitali cui sono abituati da Peter Jackson e dai blockbuster americani, poco aiutati inoltre da un 3D che risulta spesso privo di forza drammatica.
Paradossalmente, non pare esserci nulla di anacronistico in un fuorilegge che combatte più con il rimorso che con una realtà fatta di distruzione e di esilio (nel film di Aramaki il genere umano non può più tornare a casa, alla madre Terra, proprio per colpa di Harlock).
Ma a mancare in questi anni è forse la capacità di immaginarsi uno sfuggente e carismatico protagonista, come non mancava di essere il personaggio di Matsumoto, al di là e al di sopra di tutte le sue tristezze. A suo modo è un segnale ulteriore della crisi definitiva di tutti gli eroi.