Se non lo si prende come un film di Woody Allen può fare un piacevole effetto: frizzante, veloce, fatto di una scrittura semplice che concede alla commedia il lusso figurativo dell’iperbole. Allen ha preso questo film come una vacanza – rispetto a Match point e Sogni e delitti – e quello che gli interessa è la girandola irrequieta dei personaggi che si rendono conto di quello che fanno solo quando il misfatto è già compiuto. Ma ciò che emerge nell’ultima fase discendente della carriera di Allen (che comincia con Match point) è che pare non abbia mai fatto film così ricchi, lussuosi, fatiscenti. I tocchi di demenzialità che ancora si rintracciavano in Tutti dicono I love you (che chi scrive non ha mai apprezzato), La dea dell’amore, e soprattutto in quella tremenda, fantastica, apologia dell’orrore quotidiano che era Harry e pezzi, negli ultimi film non si trovano più.
Dopo aver scritto un film di successo (inaspettato) come Match point, avendo trovato la giusta alchimia con un’attrice come Scarlett Johansson, che guarda caso è anche una delle più quotate star di Hollywood, Allen pare abbia trovato la soluzione a come fare film personali senza incappare in nuovi insuccessi al botteghino. Stavolta la commedia gli è riuscita, molto più che con Scoop. Per capire cos’è Vicky Cristina Barcellona provate a pensare ad un qualsiasi film con Kate Hudson e Matthew McConaughey, o ad un film con Meg Ryan, sostituite l’ambiente di New York con Barcellona, metteteci un sofisticato contrappunto musicale, una straniante e insistita voce-off che serve a tenere sulle spine lo spettatore, aggiungete un attore in gran spolvero come Javier Bardem, una direzione degli attori che è allo stesso tempo elegantemente puntigliosa ma anche molto sottile, e avrete un film hollywoodiano che fa tutto quello che l’odierna commedia di Hollywood non fa: mantenere un ritmo serrato dall’inizio alla fine.